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Una rete di operai che la pensa allo stesso modo si può annodare.
Quando riusciremo a liberarci dei capi sindacali che sulla nostra pelle firmano accordi di svendita?
Quando ci riprenderemo il sindacato sostituendo ai tavoli delle trattative questi venduti con i nostri diretti rappresentanti? Con gente che vive la nostra stessa vita, che se sbaglia può essere sostituita in qualunque momento, che è in prima fila negli scioperi duri?
Prima del 1 dicembre i dirigenti sindacali stavano zitti sul problema degli autoferrotranvieri, sapevano bene che per due anni le aziende non avevano rispettato gli accordi offendendo tutti con delle miserabili offerte.
Il blocco del 1 dicembre ha fatto traballare le poltrone, si sono svegliati tutti di colpo, un coro di critiche ha investito lo sciopero totale.
Da Epifani a Pezzotta non sono mancate le critiche ai tranvieri milanesi, per questi signori bisognava andare avanti con gli scioperi perbene, a perdere. Ma non gli è bastato, di fronte alla continuazione dei blocchi, al loro allargamento in altre città, sono corsi al tavolo delle trattative ed hanno firmato, con il governo, un accordo vergognoso. Non solo non hanno imposto il rispetto dell'accordo di due anni fa, già così gli autoferrotranvieri avrebbero perso l'inflazione, ma hanno sottoscritto un accordo al ribasso: 81 euro al mese e 960 euro di una tantum.
A questo punto ad opera dei tranvieri succede una vera e propria rottura con anni di sottomissione, di compromessi, di svendite. Una rottura che farà epoca.
Dai depositi di Milano, di Genova, . , non esce nessun mezzo. E' fatta, l'accordo a Roma non vale niente, per gli scioperanti è carta straccia. L'agitazione continua, l'aumento di 106 euro deve essere confermato, né un centesimo in meno né uno in più, l'una tantum deve coprire i due anni.
I dirigenti sindacali sono scoperti, gli autoferrotranvieri ricorderanno a lungo il loro colpo a tradimento.
L'iniziativa è ancora nelle mani dei "tranvieri", l'accordo di Roma non li ha fermati, la precettazione non li ha fermati. Sono in attesa che qualcuno aggiunga ciò che gli viene di diritto per arrivare a 106 euro, è diventata una questione di principio. Cercano di dividerli città per città, ma non sarà facile. Se i "tranvieri" di Milano ottengono ciò che chiedono Genova non starà certo ferma, tanto meno Firenze, le altre città a seguire.
Sacconi ha potuto convincere Epifani, Pezzotta e Angeletti, con i loro stipendi capiscono, prendono per veri bilanci truccati in perdita, ma chi riuscirà a convincere i tranvieri a rinunciare ad un aumento già conquistato e mai ricevuto? Nessuno.
A questo punto è un problema di dignità di chi lavora dalla mattina alla sera per 1000 euro al mese, una miseria.
I "tranvieri" devono raggiungere l'obbiettivo anche a nome di tanti e tanti operai che vivono come loro, con lo stesso salario, sulla soglia di una nuova povertà. I tranvieri possono essere sicuri che dalle fabbriche nei loro confronti c'è solo rispetto, solidarietà e tanta, tanta voglia di imitarli. Forse è proprio questo che fa più paura.
Associazione per la Liberazione degli Operai
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