"AUTO DELL’ANNO" E SFRUTTAMENTO OPERAIO

La "156" è l’auto dell’anno. Secondo la FIAT è il frutto dei "sofisticati" impianti, dell’organizzazione "scientifica" aziendale e del lavoro di "squadra" che dirigenti, impiegati, tecnici e operai hanno fatto insieme.

La realtà è ben diversa!

La "razionale" organizzazione del lavoro è tutto fuorché razionale. Mancano gli attrezzi. Spesso gli operai sono costretti a prendere gli scatoloni del materiale da soli e a sconfezionarli. L’accumulo delle mansioni spesso non consente agli operai di completare il lavoro che è stato loro assegnato e l’azienda li multa.

Il risultato della "156" non è frutto di un "lavoro di squadra". I dirigenti, i tecnici e i capi non fanno nessun lavoro, devono solo controllare che gli operai sgobbino, e quanto più sgobbano gli operai, tanto più loro vengono incentivati. Sono gli operai che producono "la macchina dell’anno" in condizioni di lavoro bestiali. Secondo la FIAT gli operai che vi lavorano dovrebbero anche essere contenti, perché loro continueranno a lavorare per parecchio , visto che la "156" tira, mentre quelli che sono su produzioni che saranno smantellate o date a ditte esterne rischiano la cassa integrazione e i licenziamenti. Con il ricatto del trasferimento la FIAT cerca di costringere gli operai, anche quelli anziani o inabili, ad accettare ritmi di lavoro durissimi per produrre 400 auto al giorno. Nessun operaio ha ancora avuto la sua cartella lavoro con le rispettive saturazioni, perché l’azienda non vuole porre limiti rigidi allo sfruttamento.

Gli operai sono schiacciati tra l’incudine (la disoccupazione) e il martello (il massimo sfruttamento). La fabbrica non chiude solo se è competitiva ed è competitiva solo se gli operai si fanno sfruttare senza limiti. E questo fino a quando il mercato dell’auto tiene. Gli operai coreani della KIA ne sono un esempio. La KIA era il quarto produttore nazionale di auto. Dopo anni di sfruttamento bestiale gli operai saranno tutti licenziati non perché hanno prodotto poco, anzi proprio perché hanno prodotto troppo, intasando il mercato, tanto che i padroni non hanno potuto più vendere le auto prodotte ad un prezzo profittevole, questa è la lezione della crisi delle Borse asiatiche.

Le classi superiori si organizzano e riorganizzano per difendere i propri interessi, per sostenere il sistema dello sfruttamento operaio.

Gli operai oggi sono senza una propria organizzazione. In questa condizione non solo è difficoltoso reagire allo sfruttamento, ma è quasi impossibile fondare un movimento per liberarsi dai padroni.

Gli operai più avanzati devono cominciare a collegarsi tra loro, a discutere su cosa fare e a muoversi per costituire una propria organizzazione indipendente.

In altre fabbriche d’Italia gruppi di operai hanno già iniziato.


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