Contratto Metalmeccanici
Una piattaforma contro se stessi
OPERAI METALMECCANICI, la piattaforma contrattuale che sottoporranno alle assemblee per l'approvazione va respinta e totalmente riscritta.
Occorre riconoscere che la difesa del salario, la lotta ai licenziamenti, il mantenimento di quei pochi miserabili "diritti "che abbiamo sotto il capitalismo non può essere intrapresa con successo con questo sindacato diretto da manager borghesi e impiegati burocrati.
E già un'impresa quasi impossibile difendersi sindacalmente nelle fasi di crisi con un'azione operaia veramente di classe figuriamoci con i Cofferati, D'Antoni e Larizza legati come sono al governo ed agli industriali.
La piattaforma è un insieme di menzogne sulla situazione economica, tanto fumo sulla riduzione d'orario con un arrosto di possibili concessioni ai padroni, una richiesta di aumento salariale inesistente.
Menzogne sulla situazione economica descritta come positiva. E' il governo Prodi che ha dettato questa parte per motivi politici. I partiti della maggioranza, i cosiddetti rappresentanti dei lavoratori, hanno tutto linteresse a sostenere che le cose vanno bene, sono loro che governano a nome e per conto dei padroni. In realtà una spaventosa crisi economica del capitalismo mondiale sta spingendo gli operai alla rovina. In ogni paese. In un circolo senza fine. I padroni si fanno una guerra spietata nella concorrenza internazionale, le armi sono i prezzi delle merci, i tassi di rendimento del capitale Ma ciò è solo quello che affiora. In realtà fanno combattere la lotta per difendere i loro profitti dagli operai delle loro fabbriche che sono costretti a gareggiare a chi lavora più a lungo con salari peggiori. Se poi il tutto non basta, masse di operai vengono licenziati da un momento all'altro e perdono di punto in bianco i loro mezzi di sostentamento.
La situazione economica è buona? E' ottima se si misura la ricchezza che hanno accumulato i padroni grandi e piccoli e i loro leccapiedi, è in sfacelo se si guarda il declino della condizione sociale degli operai è esplosiva se si ci rende conto che il meccanismo su cui si regge questa società non regge più. Ci hanno spinto ad un eccesso di produzione oltre ogni limite che intasa i mercati e non può più essere venduta pena rinunciare a produrre e vendere per accumulare profitti. Scelta impossibile da operare per il capitale. Se la storia insegna qualcosa è bene ricordare che dalle precedenti crisi mondiali il capitalismo è uscito con guerre, distruzione di uomini e mezzi, si è ripreso è vero, ma la sua stessa necessità di profitto lo mette oggi, nuovamente di fronte ad una crisi globale.
Gli operai devono sapere che questa situazione richiede una capacità di lotta nuova, richiede la coscienza di dover affrontare il capitale in un momento particolare . Non si può per calcolo politico nascondere la portata della crisi mentre sottobanco si fa di tutto per favorire i padroni e sostenerli in ogni tentativo di vincere i concorrenti nella guerra economica senza quartiere che la stessa crisi ha scatenato al loro interno.
Si mente sulla buona salute del capitalismo mentre si elabora una piattaforma dei metalmeccanici contro se stessi, una serie di rivendicazioni confezionate per la Confindustria, tutte tese a favorire gli affari dei padroni.
Che poi gli industriali abbiano bisogno di farci lavorare giorno e notte a salari di fame, di licenziare a mano libera è una verità generale ed è la ragione per cui diranno che questa piattaforma è esosa inaccettabile. Picchieranno i piedi in pubblico mentre in privato riconosceranno la possibilità di fare un contratto a costo zero con una serie di cambiamenti a loro favore nella gestione della forza lavoro operaia.
Paragrafo primo. I diritti ovvero il diritto alla "commissione"
L'impiegato burocratino che ha scritto il paragrafo sui diritti non lo ha riletto. Se avesse scorso gli otto punti del "pertanto si richiede" sfrondandoli delle solite fantasie riformiste si sarebbe accorto di aver fatto un elenco di questo tipo: 1 commissione mista; 2 commissioni aziendali; 3 comitato di consultazione; 4 informazione consuntiva e preventiva; 5 commissioni nazionali; 6 commissioni territoriali; 7 commissioni nazionali; 8 volontariato e codici.
Probabilmente la paura di tanti sindacalisti da scrivania è quella di perdere il posto ed allora pensano di piazzarsi in una bella commissione dove affrontare i grandi temi della "esternalizzazione", della globalizzazione sperando che i padroni finiscano per mantenerli come consulenti. La Confindustria resisterà all'introduzione di tutte queste commissioni non certo perché ha paura del parere di questi personaggi, ma solo perché hanno dei costi che se il padrone può evitare è meglio. L'obiettivo di questi burocrati del sindacato è sedersi ad un tavolo per farsi raccontare dal padrone come si è organizzato per guadagnare di più sulla pelle dei suoi operai e tentare di dargli qualche consiglio su come può realizzare tutto ciò. Roba da leccapiedi. Gli operai i loro diritti li difendono in fabbrica, sulle linee, nei reparti e sempre inesorabilmente contro la gerarchia aziendale che mai li riconosce definitivamente e quando è costretta a farlo lo fa solo transitoriamente e di fronte ad una minaccia operaia costante.
Il punto otto è il più concreto e il più insignificante. Sul volontariato c'è la richiesta di favorire con orari particolari i lavoratori impegnati in questo campo. Si chiede in fondo al padrone ottuso di andare incontro a quei lavoratori che danno una mano alla società a tirare avanti. A coloro che attenuano con la loro attività il malessere sociale cercando di supplire alle disfunzioni sociali. Un'attività che in ultima analisi favorisce il sistema. I padroni potrebbero anche capire.
Sul lavoro minorile si chiede l'impegno a sottoscrivere un codice di comportamento: l'ipocrisia al massimo grado. E' nella natura stessa del capitale sfruttare donne e bambini, sono merce a costo inferiore. Perché non si chiede la galera per i padroni che nel nostro democratico paese sfruttano il lavoro minorile a Napoli come a Milano, fuori dai contratti e dentro la fabbrica moderna. Ma su questo dolente punto c'è sempre il pedofilo industriale che piange sulla rovina economica a cui andrebbe incontro rispettando le leggi e il sindacalista provinciale pronto ad andargli incontro con un contratto d'area ad hoc. Un codice di comportamento da sottoscrivere? Ma dove sono gli ispettorati del lavoro, le famose forze dell'ordine, le mille commissioni regionali. Sono a discutere sul lavoro minorile a Singapore.
Il paragrafo due parla di orario e potrebbe essere intitolato: Esigere ciò che abbiamo già ottenuto
Ai metalmeccanici occorre sempre chiedere due volte: la prima per "ottenere", la seconda per "esigere." Doveva essere il contratto che anticipava la legge sulle 35 ore alla settimana Sarà il contratto delle 1760 ore all'anno.
Sembra una semplice operazione contabile, ma non lo è. Il burocratino sindacale ha avuto qui un lampo di genio. Il problema dei padroni è utilizzare gli operai con un modulo d'orario variabile, determinato dalle necessità produttive che risentono delle variabili del mercato, delle forniture, dello stato degli impianti. L'orario settimanale si presta poco a questo uso variabile. Nella storia degli operai la riduzione è stata sempre rapportata alla giornata lavorativa o alla settimana. Cadenze naturali per reintegrare la forza fisica, per vivere socialmente. Le necessità del capitale e la servizievole comprensione del dirigente sindacale si stanno prendendo il tempo di vita degli operai facendolo diventare tutto potenzialmente tempo di lavoro. A discrezione del dirigente la settimana può diventare di 48 ore, come la giornata di dieci, salvo stare dentro limiti annuali definiti. Come ottenere questo risultato? la Banca delle ore attraverso la quale le ore di straordinario potranno essere trasformate in riposi.
Ma per arrivare a questa richiesta che è al punto 4 bisogna passare attraverso le richieste dei primi tre che la preparano.
Punto 1. La effettiva fruizione delle riduzioni di orario conquistate con i contratti precedenti. Ora o le aziende erano inadempienti oppure nei contratti precedenti vi erano scappatoie per non applicare le riduzioni di orario ottenute. Sia nell'uno che nell'altro caso i firmatari degli accordi ci hanno preso in giro. Non si può lottare due volte per la stessa cosa e dire che va bene.
Al punto 2 la conferma dell'attuale normativa sullo straordinario e sulla durata settimanale dell'orario di lavoro e siamo nell'ambito di normative già definite.
Al punto 3 la riconferma a realizzare le 1760 ore su base annua. Numero di ore che si ricava togliendo dalle ore annuali teoriche le riduzioni d'orario, le ex festività e le festività cadenti in giorno feriale.
Stiamo ancora chiedendo ciò che già ci appartiene. Ma qui poteva finire l'elenco di richieste e sintetizzarle in "un vogliamo il rispetto degli accordi sottoscritti!"
Troppo rigidi, qualcosa bisognava dare in cambio a fronte al fatto che i padroni ci dessero ciò che già ci spettava. Così è nata la banca delle ore per dire al padrone "comandaci a lavorare quando ne hai bisogno e nei momenti di stanca della produzione lasciaci pure riposare". La vita elastica.
La riduzione settimanale - sostengono i sindacalisti - c'è basta fare una media matematica. Il padrone ragioni sulle opportunità offerte da questa struttura degli orari: non ha che da guadagnarci. Gli operai hanno da perdere il sabato, la domenica, la notte ed è significativo il fatto che nel punto 4 si parli di lavoro la notte i sabati e le domeniche chiedendo in cambio visibili risultati occupazionali. Ma il lavoro nei giorni festivi non andava vietato e la pausa settimanale garantita? Nessuno scambio è credibile fra orari massacranti e nuove assunzioni: la realtà e che più gli operai si piegano alle necessita del padrone più rendono se stessi eccedenti dato un certo livello di produzione. Tant'è vero che pur accettando qualunque tipo di sacrificio non un posto di lavoro è stato difeso.
La richiesta della riduzione d'orario si riduce ad una concessione: adeguiamo l'orario alle necessità di mercato e dateci in cambio ciò che già abbiamo.
Se passa la banca delle ore per un'intera classe i tempi di lavoro e di riposo non saranno più riferiti a cadenze sociali, ma dalle necessità di produzione dei padroni per i loro interessi di guadagno. Il fatto assolutamente inconcepibile è che sono i cosiddetti rappresentanti dei metalmeccanici a chiedere tutto questo. Chiedere una riduzione secca dell'orario settimanale e l'abolizione del lavoro straordinario sarebbe stato troppo dirompente per dei piccoli funzionari del sindacato formati alle scuole dei dirigenti industriali. Avrebbe richiesto uno scontro di classe fra padroni e operai, ma la lotta di classe è abolita salvo poi subirla nelle fabbriche dal padrone, che non perde occasione per spingerci in un angolo ovunque e comunque è possibile.
Paragrafo tre. Scatti di anzianità come ridistribuire la miseria e fare un regalo ai padroni
La paga base è inchiodata, la parte variabile del salario ha preso ampiamente il sopravvento. Come risolvere il problema di portare a casa qualche briciola senza pesare sul conto dei profitti? Semplice: l'ufficio studi del sindacato propone di sganciare gli scatti di anzianità da un rapporto percentuale fisso rispetto alla paga base e di fissarli in una cifra fissa, all'inizio anche più alta di quella percepita oggi. Quello che viene risparmiato in termini di rivalutazione andrebbe a trasformarsi in una richiesta di aumento della paga base. La presentano come un modo per favorire i "lavoratori giovani". Una fandonia. In realtà vogliono infrangere un meccanismo che legava strutturalmente lo scatto di anzianità alla paga, il valore monetario degli scatti seguiva tutte le variazioni della paga base. La cifra fissa farà la fine di tutte le cifre fisse, subirà l'erosione dell'inflazione e diventerà ad un certo punto insignificante fino alla sua abolizione. Quante voci sulla busta paga in cifra fissa sono diventate solo ricordi insignificanti di antiche battaglie salariali. In ogni fabbrica ce nè una. Favorire i giovani? Così si favoriscono i padroni e le loro necessità di sfruttare al massimo la situazione per spingere verso il basso il salario e renderlo il più possibile libero dai vincoli predeterminati.
La Confindustria usa come argomentazione per respingere le richieste di aumenti salariali il fatto che deve pagare gli scatti di anzianità e non ha margini per aumentare la paga base. Sono le sue argomentazioni per non aprire il portafoglio. Un sindacato asservito accetta queste argomentazioni, taglia gli scatti e chiede agli operai di chiedere ai padroni di operare questa scelta. Ma parliamo di un sindacato asservito che deve raccontare storie agli operai, cercare di convincerli che questa è la sola strada possibile, che meglio questo che niente, insomma il solito armamentario.
Sulla questione degli scatti i sindacalisti da scrivania devono pagare un prezzo politico. Gli operai, sia quelli appena assunti che quelli che hanno già maturato una certa anzianità, devono fare un blocco comune contro questo vero e proprio attacco al salario. Il contentino di un aumento degli scatti in cifra fissa se lo possono tenere, domani varrà già meno e dopodomani ancora meno.
Paragrafo quattro
Sul salario la richiesta non è quantificata. Il riferimento è l'1,5 % di aumento su una paga da definire. Comunque dentro l'inflazione programmata. I più informati hanno scritto di 70-90 mila lire di aumento. Cosa serve scendere nei particolari della cifra? Il riferimento è falso l'inflazione programmata è una finzione che serve per tenere bassi i salari. Un riferimento che vale rigidamente solo quando si parla di salario. I prezzi aumentano, ma le richieste operaie devono sottostare ad un limite imposto dal governo. L'aumento netto si aggirerà attorno alle 60 mila lire. Non ne facciamo nemmeno una fonte di scalpore e meraviglia. La società dei padroni spinge ciclicamente gli operai ai livelli minimi di sussistenza. E sempre più vero e un contratto dietro l'altro il sindacato aderisce a questa tendenza storica. Se ne fa il portavoce più convinto. Il contenimento salariale è la sua battaglia, é un agente del capitale sociale nella crisi ed è figlio della società dei profitti. Avrebbe dovuto opporsi a questa tendenza, frenare la fase discendente del salario arrivare persino ad accettare una sfida globale fra lavoro salariato e capitale, ma parliamo di altro sindacalismo di domani, frutto di una ribellione operaia che metta in discussione ogni rapporto sedimentato.
La richiesta di aumento salariale che verrà presentata alle controparti è irrisoria, sancisce la caduta del salario per un altro biennio. Pur accettata in toto dalla Confindustria, di fronte al tasso di inflazione reale il salario sarà fra due anni inferiore a quello odierno. Come si fa a chiedere il consenso su una richiesta del genere? In nome di quale principio il salario deve essere contenuto entro l'inflazione programmata? Non c'è una risposta credibile se non il fatto che dobbiamo garantire gli affari dei padroni.
Gli operai sono stufi di tirare la cinghia ed è bene che trovino i mezzi per far arrivare ai sindacalisti ed ai padroni questo semplice programma.
Al paragrafo cinque si tratta la formazione, se ne richiede di ogni genere e tipo con l'intento di far aderire il più possibile la forza lavoro operaia alle specifiche necessità di utilizzo produttivo aziendale. Il vecchio mito sulla possibilità di scegliersi un lavoro non solo è finito per gli operai delle catene con il primo sviluppo capitalistico, oggi è messo in discussione per tutti. Chiedete al padrone di quale specifica attività ha bisogno e formatevi in funzione di questo bisogno, e se domani cambia siate sempre pronti a riciclarvi. Una disumanizzazione così sistematica della propria vita non si era mai vista. La formazione diventa sempre più particolare, unilaterale.
L'operaio stanco ragiona molto concretamente. La formazione è sempre meglio del lavoro, l'aula è da sempre più silenziosa del reparto. Ma l'inventore della piattaforma ha salvato i padroni da questa furbizia operaia: per la partecipazione ai corsi saranno utilizzati i crediti della Banca ore.
Devono essere gli operai a pagarsi la formazione, al padrone spetta solo utilizzarli al meglio.
Non ci dilunghiamo sul paragrafo che tratta la previdenza complementare, in sintesi chiedono altri soldi dal TFR.
Il paragrafo nove lo citiamo perché è una perla . La tredicesima era inclusa nella base di calcolo per il trattamento di fine rapporto. Nel precedente contratto per favorire i padroni la scorporarono, oggi se ne chiede la reintegrazione. Era una condizione di miglior favore, fu svenduta, ora ci toccherà lottare per riottenerla. Solo un gruppo dirigente sindacale che ha il compito di piegare con il consenso gli operai alle necessità economiche dei padroni può fare questo tipo di politica rivendicativa.
Per concludere, agli operai metalmeccanici è stata proposta una piattaforma contro loro stessi per quanto la Confindustria reciti la parte delle richieste insostenibili sta già affilando le armi per conquistarsi in questo contratto condizioni più favorevoli di sfruttamento operaio. Non ci devono nemmeno raccontare che gli spazi di contrattazione non esistono, che i padroni vogliono la libertà di licenziamento ed allora bisogna stare a cuccia. Noi ragioniamo in senso inverso. Se lo stato dell'industria, di fronte ad una crisi, non è nemmeno più in grado di garantire agli operai il livello di vita di ieri e deve sempre più peggiorarlo è tempo di mettere in discussione gli stessi rapporti di sfruttamento che vi stanno alla base.
Non nutriamo nemmeno illusioni che sia facile rovesciare questo stato di cose, elaborare una nuova piattaforma e conquistarla. Quello che si può concretamente fare è combattere fabbrica per fabbrica una battaglia politica contro la bozza di piattaforma, contro i borghesi grandi e piccoli che hanno il controllo stretto del sindacato.
Anche questa scadenza può servire ad unire in una stessa azione politica quei militanti operai che iniziano ad identificarsi come classe, sfruttata dal capitale, senza nessuna altra prospettiva che farla finita con il sistema di espropriazione degli operai.
Far circolare queste note critiche, collegarsi per respingere al mittente la bozza, mandare un segnale alla Confindustria che non siamo disposti ad accettare senza reagire che il sindacato regali ai padroni un peggioramento della nostra condizione sociale. Gli scioperi sono gli operai a farli e sul come, contro chi e per quali ragioni spetta a loro l'ultima decisione.
Sesto S.Giovanni, 24/09/1998
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