Per l’organizzazione indipendente degli operai

 

Associazione per la Liberazione degli Operai

La costituzione dell'Associazione per la Liberazione degli Operai è la risposta concreta che diamo oggi al processo che porta gli operai ad organizzarsi in classe e con ciò in partito politico.

Nella nostra analisi dei processi economici, nella comprensione che abbiamo del movimento storico, la centralità degli operai, del proletariato industriale è un dato assodato.

Noi non aspiriamo ad una società migliore, più giusta più emancipata. Il nostro scopo immediato è la formazione degli operai in classe, abbattimento del dominio della borghesia, conquista del potere politico da parte degli operai.

Questo programma viene sintetizzato nella liberazione degli operai dal lavoro salariato. Non c'è per noi nessun generico obiettivo di riscatto dell'umanità che soffre: nella società comunista il lavoro accumulato è soltanto un mezzo per ampliare, per arricchire, per far progredire il ritmo di esistenza degli operai.

Solo come logica conseguenza di questa realtà vi è il superamento delle classi in genere. "Il proletariato, unendosi per necessità in classe nella lotta contro la borghesia, facendo se stesso classe dominante attraverso una rivoluzione, ed abolendo con la forza, come classe dominante, gli antichi rapporti di produzione, abolisce insieme a quei rapporti di produzione le condizione di esistenza dell'antagonismo di classe, cioè abolisce le condizioni d'esistenza delle classi in genere, e così anche il suo proprio dominio in quanto classe".

IL PUNTO DI PARTENZA

Le condizioni di questa classe, il suo movimento indipendente a livello internazionale, la sua concreta condizione reale è il punto di partenza della nostra attività.

Il nostro punto di partenza non è un'ideologia, le ideologie non hanno storia a se, sono il riflesso delle condizioni materiali di produzione e dei contrasti fra le classi che portano in se. Così Marx ed Engels hanno riflesso a livello teorico e politico la prima universale differenziazione e rottura fra capitale e lavoro salariato e il leninismo ha riflesso il tentativo riuscito degli operai in Russia, come parte del proletariato mondiale, di elevarsi a classe dominante tramite una rivoluzione.

I partiti come espressioni di classi determinate sono anch'essi prodotti del livello di maturità delle classi, dei loro reciproci rapporti, della loro composizione. Il partito operaio segue le alterne vicende della formazione in classe dei proletari, si costituisce in una forma, viene dissolto appena tenta l'assalto al potere, si ricostituisce nelle nuove condizioni fa un nuovo passo avanti, tenta una rivoluzione, ancora sconfitto sembra cancellato dalla società finché ricompare invincibile.

Non esiste nessuna lineare continuità della cosiddetta tradizione socialista e comunista di questo secolo a cui riferirsi.

Solo in particolari momenti storici è emerso il punto di vista teorico e pratico degli operai che si sono costituiti in classe, e per periodi significativi, in mezzo a grandi difficoltà, anche in classe dominante.

Solo in alcuni particolari momenti storici la rottura fra capitale e lavoro salariato si è formalizzata in analisi, giudizi, programmi di rivoluzione sociale. A questi particolari momenti facciamo riferimento. Le idee dominanti sono sempre quelle della classe dominante e le idee sovversive si affermano solo nella sovversione.

Socialismo e comunismo sono anche stati la copertura formale di organizzazioni e Stati che hanno sottomesso e sfruttato capitalisticamente gli operai. In questo senso riteniamo che si sia formato un comunismo borghese e reazionario, un comunismo della piccola borghesia e dell'aristocrazia operaia, della vera e propria borghesia.

Oggi è necessario fare i conti con queste forme storiche per rifondare fra gli operai un pensiero teorico ed un'azione pratica che abbia come obiettivo la loro emancipazione.

A questo punto occorre descrivere la condizione sociale degli operai e trarne dal punto di vista storico alcune conseguenze.

Partiamo dalla definizione del Manifesto comunista che è di estrema precisione.

1 nella stessa misura in cui si sviluppa la borghesia si sviluppa il proletariato.

2 il proletariato, la classe dei moderni operai "die Klasse der modernen Arbeiter".

3 vivono solo fintantoché trovano lavoro, e che trovano lavoro fintantoché il loro lavoro aumenta il capitale.

4 sono costretti a vendersi al minuto, sono una merce come ogni altro articolo commerciale, e sono quindi esposti, come le altre merci, a tutte le alterne vicende della concorrenza, a tutte le oscillazioni del mercato.

5 con l'estendersi dell'uso delle macchine e con la divisione del lavoro, il lavoro dei proletari ha perduto ogni carattere autonomo e con ciò ogni attrattiva per l'operaio. Egli diviene un semplice accessorio della macchina dal quale si richiede soltanto la semplice, monotona, facile da imparare, manualità.

6 il salario decresce nella stessa proporzione in cui aumenta il tedio del lavoro.

7 masse di operai addensati nelle fabbriche vengono organizzate militarmente. Come soldati semplici dell'industria vengono posti sotto la sorveglianza di una completa gerarchia di sottufficiali e ufficiali. Essi non sono solo gli schiavi della classe borghese e dello stato borghese, essi sono quotidianamente e a tutte le ore schiavizzati dalla macchina, dal sorvegliante e soprattutto dallo stesso singolo fabbricante borghese. Questo dispotismo è tanto più meschino, odioso ed esasperante, quanto più apertamente esso proclama come suo ultimo fine il guadagno.

8 quando lo sfruttamento dell'operaio da parte del padrone è terminato, in quanto all'operaio viene pagato il suo salario in contanti, si gettano su di lui le altre parti della borghesia, il padrone di casa, il bottegaio, il prestatore su pegno e così via.

9 di tutte le classi che al giorno d'oggi stanno di fronte alla borghesia è soltanto il proletariato una classe veramente rivoluzionaria - ist nur das Proletariat eine wirklich revolutionare Klasse -. Le altre classi vanno in rovina e periscono con la grande industria, il proletariato è il suo più specifico prodotto.

Con il termine proletario "proletarier" il Manifesto comunista, come abbiamo potuto vedere, descrive un particolare tipo sociale senza possibili ambiguità o fraintendimenti.

PROLETARI, OPERAI MODERNI

Naturalmente, con il processo di impoverimento che spinge ciclicamente settori di classi superiori verso le condizioni di esistenza degli operai, dovevano diventare molti quelli che si autoiscrivevano nelle fila del proletariato pur non potendo dirsi operai in quanto non lo erano.

Il concetto di proletariato è stato ampiamente rivisitato fino al "siamo tutti proletari" inserendo in questa categoria le solite generiche figure: i lavoratori, gli studenti, i precari ecc.

Il proletario o l'operaio moderno è un tipo sociale che non si misura sulla base del reddito, del livello della miseria, esso diventa povero perché operaio.

Le classi medie, la piccola borghesia possono attraversare momenti critici, il loro sistema di vita essere assimilato anche a quello del proletariato. Ciò che, però, non si potrà fare sarà farli diventare proletari, né farli diventare, con un gioco linguistico, operai, a meno che non siano collocati nel modo di produzione del capitale nella posizione descritta da Marx nel Manifesto.

Il modo di produzione del capitale non produce come antitesi al borghese, il piccolo borghese-lavoratore, per quanto possano entrare in collisione.

Alla borghesia industriale si contrappone antiteticamente il proletariato industriale. Solo l'emancipazione di questo è la fine del modo di produzione fondato sul lavoro salariato.

Attraverso due strade è possibile approdare alla coscienza che solo gli operai moderni giocano un ruolo rivoluzionario nella società del capitale.

La prima direttamente dall'esperienza pratico storica dell'essere operai, di aver percorso dentro la grande industria e assieme agli altri operai il manifestarsi concreto dei rapporti di produzione del capitale e di essere approdati da qui ai primi elementi di comprensione delle relazioni sociali nel loro insieme, con la scoperta del ruolo che il proletariato gioca in esse.

L'altra possibilità è data dal fatto che come ideologi borghesi, nel momento in cui si produce la disgregazione della classe dominante si passi dalla parte del proletariato. Non si tratta di una scelta ideologica rispetto ad una teoria ma ad una classe e sarà possibile a coloro che faticosamente sono giunti alla intelligenza teorica del movimento storico nel suo insieme.

IL METRO DI MISURA

Lo schierarsi con gli operai nella lotta per liberarsi è il metro di misura di quanto la comprensione del processo storico sia giunto in profondità, non ce ne sono altri.

Ora sia l'una che l'altra possibilità sono espressioni di condizioni reali di fatto di una esistente lotta fra le classi e del suo livello di maturità.

Che gli operai oggi non esprimano, tramite una propria organizzazione politica, la coscienza della loro condizione sociale, che sia assente l'autonoma attività storica che da essa deriva, è la conseguenza della fase in cui si trova l'evoluzione del ciclo economico.

Era naturale che una crisi come quella odierna producesse come primo risultato la dispersione degli operai, l'aggravarsi della concorrenza al loro interno, l'individualizzazione del rapporto di vendita della forza lavoro, il conseguente abbassamento dei salari e il peggioramento delle condizioni di esistenza.

Alla dispersione degli operai è corrisposta anche la dispersione della loro coscienza collettiva, la sottomissione alle altre classi è pressoché totale.

Va rilevato che siamo giunti alla crisi della fine degli anni ottanta con una coscienza dei contrasti sociali presa a prestito dalla piccola borghesia e dall'aristocrazia operaia, piena di illusioni sulla società del benessere, sulle riforme, sulla pacificazione delle classi sociali unificate nell'unico obiettivo di far funzionare bene il sistema. Il fatto che questo modo di vedere la cose vada disperdendosi non è un male, anzi...

Il momentaneo miglioramento della condizione operaia, pagata a prezzo di lotte e sacrifici, è stato il cemento che ha impastato gli operai veri e propri con gli elementi delle classi superiori.

La crisi ha sciolto l'idillio e gli operai si sono trovati da soli davanti ad un capitale agguerrito pronto a tutto per garantirsi un adeguato saggio di accumulazione.

Ora gli operai singoli, fabbrica per fabbrica si fronteggiano con i rispettivi padroni, e resistono in un incessante braccio di ferro dal quale escono anche sconfitti, amareggiati, ma che rimane l'unica base concreta sulla quale la necessità di coagularsi, unificare le proprie forze, può sorgere.

Come diventa puerile il giudizio sull'incapacità congenita degli operai di esprimere un proprio movimento indipendente.

Di fronte a questa guerra giornaliera che una parte della società conduce per la propria esistenza le scaramucce politico parlamentari diventano un gioco da ragazzi.

La costituzione degli operai in classe non è un fatto ideologico, di convincimento mentale essa trova la sua base nella realtà di un processo storico economico.

RISTRUTTURAZIONE MONDIALE

La crisi economica sconvolge le classi, rivoluziona i loro reciproci rapporti, rifonda la base materiale su cui si sono costituite. La borghesia sta attraversando una periodo di ristrutturazione mondiale.

Dalla Russia al Giappone, il capitale industriale chiede un adeguamento dello Stato alle nuove necessità di accumulazione, il capitale medio e piccolo rivendica una sua capacità autonoma di rappresentanza politica, la lotta per il controllo dei mercati si fa ogni giorni più accanita.

La costituzione di grandi colossi industriali e finanziari, per fronteggiarsi in una concorrenza spietata, segnano le tappe forzate di una ridefinizione dei rapporti di forza del mercato mondiale.

A questo processo economico corrisponde una ridefinizione del proletariato internazionale che è poi la base del capitale e dei suoi processi di accumulazione.

Nuove forze operaie sono state prodotte mentre altre sono in declino, le grandi emigrazioni dalle campagne verso i centri industriali hanno solo spostato sul piano mondiale quel processo che portò nei paesi più industrializzati al declino delle campagne ed al formarsi degli operai moderni.

Si può forse pensare che lo stesso macchinario che ingloba in se la forza lavoro in Corea o in Messico, o a Lambrate Milano non finirà per produrre lo stesso tipo sociale? Che le merci confrontandosi sul mercato mondiale non confronteranno anche il lavoro equiparandolo e con esso renderanno omogenei gli individui che lo hanno estrinsecato?

In questo senso il capitale nella crisi ha accelerato, scannandosi nella concorrenza, i processi di omogeneizzazione degli operai a livello internazionale.

Certo tutta le piccole produzioni slegate dal mercato mondiale, tutte le attività che si fondano sui particolari caratteri locali produrranno un modo di vedere le cose totalmente falso. I suoi esponenti sono arrivati a sostenere che siccome la fabbrica che sta di fronte alla loro bottega o al loro ufficio chiude, gli operai stanno scomparendo. Oppure, siccome nella loro provinciale città non aprono nuove fabbriche, gli operai appartengono al passato e non al futuro.

In fondo l'accanimento con cui le classi intermedie hanno dato per scomparsi gli operai è stato solo il riflesso mentale di una necessità economica: agganciare i propri interessi economici al capitale più forte, visto che il proletariato industriale era incapace, nel momento in cui la crisi si sviluppava, di garantire a qualcuno, tantomeno a se stesso, una qualche soluzione al processo di impoverimento che si veniva configurando.

Il proletariato passa attraverso diversi gradi di evoluzione -Das proletariat macht verschiedene Entwicklungsstufen durch- si trasforma nella stessa misura in cui il capitale rivoluziona il suo sistema di produzione e di scambio.

Una forma particolare di proletariato, plasmato da un tipo particolare di macchinario, che a sua volta corrisponde ad un livello determinato della tecnologia, si evolve man mano che questi elementi materiali della produzione cambiano.

La crisi economica è il momento in cui si accelerano le trasformazioni dei metodi di produzione e delle forme sociali che le classi assumono.

Ciò vale soprattutto per il proletariato mera appendice di un macchinario che è messo in movimento per il solo scopo di produrre profitto per chi ne è il possessore.

Generazioni di operai declinano per lasciare spazio ad altre generazioni, con essi vanno in crisi anche le passate convinzioni ideologiche e politiche. Il proletariato è una classe in lotta, non può fidarsi di nessuna idea corrente, tradizionale, non può prendere a prestito nessun giudizio precostituito, le idee dominanti sono quelle della classe dominante.

Il costituirsi degli operai in classe passa anch'esso attraverso diverse fasi, non è mai dato una volta per tutte.

CONCORRENZA CONTRO ORGANIZZAZIONE

La concorrenza che gli operai si fanno fra loro come risultato del rapporto in cui sono costretti dal capitale, l'influenza che su di loro esercitano le altre classi, fa in modo che l'organizzazione degli operai in classe sia continuamente spezzato.

Risorge, però sempre di nuovo, più forte, più salda, più potente -Aber sie ersteht immer wieder, starker, fester, machtiger -.

Gli operai non possono accontentarsi di essere inglobati in generici schieramenti della sinistra borghese, delegare ai loro comprensivi nemici la propria rappresentanza.

Essi ricominciano daccapo, nelle nuove condizioni sociali a ripercorrere le strade della loro organizzazione.

Nelle nuove galere del lavoro industriale, sussunti dalla moderna tecnologia dell'espropriazione, con gli occhi rivolti al mercato mondiale riaprono nuove possibilità di unificazione.

Solo da qui ricomprendono la loro storia e possono riappropriarsi degli strumenti teorici che veramente appartengono loro, che veramente hanno segnato il loro prendere coscienza del movimento economico e del compito che alla loro classe assegnava.

Coloro che sono giunti alla comprensione del processo storico nel suo insieme non possono sfuggire al lavoro per organizzarsi in classe, e con ciò in partito politico, e tantomeno non porsi l'obiettivo della propria liberazione.

Ora sappiamo anche che il formarsi di individui che assumano questo modo di vedere le cose è anch'esso determinato socialmente. Teniamo sempre fermo il fatto che il soggetto è reale, una classe. In faccia a tutti risulta chiaro che non si tratta dell'organizzazione di un partito sulla base di presupposti ideologistici ma dell'organizzazione di individui determinati in classe e con ciò, di conseguenza, in partito -und damit zur politischen Partei-.

Il primo presupposto per tentare questo passo sta nel riconoscimento al proletariato di una propria attività storica autonoma, di un proprio e particolare movimento politico.

Si può giungere a cogliere gli elementi dissolventi nel seno della stessa società del capitale, l'antagonismo fra le classi, ma negare agli operai la possibilità di un movimento indipendente. Marx criticava questa mancanza agli esponenti del socialismo e del comunismo critico utopistico. Oggi si addice la stessa critica in particolare a coloro che dicono di stare dalla parte dei "lavoratori".

Si badi bene non basta nemmeno il riconoscimento agli operai di una " funzione storica" che può essere, come poi è stato, un mero riconoscimento formale.

Era chiaro che nessuno poteva al presente riconoscere agli operai questa autoattività storica -geschichtliche Selbsttatikeit- proprio nel momento in cui essi stessi si disperdevano sotto i colpi della crisi e sparivano , se mai c'erano stati, dall'orizzonte politico. Tantomeno nessun proprio particolare movimento politico -keine ihm eigentumliche politiche Bewegung-.

Nel precedente ciclo del dopoguerra, poi, non era forse servito il riconoscimento formale di una "funzione storica" per far svolgere agli operaia un ruolo centrale nella ricostruzione nazionale al servizio del capitale?

L'unico movimento riconosciuto, nella migliore delle ipotesi, agli operai come proprio è quello sindacale, contrattuale e nient'altro.

La vera e propria attività politica è stata quasi sempre il monopolio degli strati superiori del proletariato, della sua aristocrazia operaia, dei piccolo borghesi immiseriti, che, insieme al portare elementi di educazione, si sono imposti anche come rappresentanti politici con l'assoluta congenita incapacità di produrre un movimento veramente antagonista al sistema e diventarne in seguito un fondamentale puntello.

Perché gli operai hanno avuto bisogno di questi elementi, per quale ragione pur di produrre un proprio movimento, pur di costituirsi in classe hanno operato questa mediazione? Come è stato possibile che una parte di loro venisse assunta direttamente dal capitale per impedire alla gran massa di emanciparsi?.

Il sovrapprofitto del capitale delle nazioni dominanti il mercato mondiale ha dato la possibilità economica di "corrompere" strati operai corrompibili, mentre rovinavano la gran parte di essi.

Il limitato sviluppo dell'antagonismo fra operai e capitale ha fatto il resto, favorendo il ruolo di mediazione di quegli strati intermedi che rappresentavano "la produzione" senza il marchio sociale che la contraddistingue.

Una volta isolato il cattivo padrone, ricco e speculatore rimanevano tutti lavoratori "del braccio e della mente" da unire in un unico blocco sociale.

Solo oggi, nella crisi appare faticosamente, per quello che è, l'apparato produttivo del capitale e tutti i suoi bravi gestori. Dirigenti industriali, manager a stipendio sono i nuovi capitalisti-lavoratori che gestiscono lo sfruttamento operaio intascando il profitto sotto le spoglie apparenti di un "salario mensile".

Solo ora si capisce bene cosa vuol dire che gli elementi degli strati bassi dei tecnici e degli impiegati possano assumere il punto di vista degli operai: lo faranno solo quando il capitale stesso li precipiterà verso condizioni di esistenza del proletariato.

Difenderanno così i loro interessi futuri non quelli presenti che sono complementari agli stessi del padrone che li impiega.

Il problema è se saranno gli operai ad assumere il punto di vista delle classi medie che vengono spinte verso il basso dalla crisi o saranno queste che assumeranno il loro.

Il punto di vista del proletariato o quello degli operai, che è la stessa cosa, non è qualcosa di filosofico; non si tratta di idee da adottare ma un preciso collocarsi nello scontro fra le classi, nei due grandi campi nemici dei borghesi e dei proletari.

I CAMPI NEMICI

La costituzione degli operai in classe, così come il definirsi nettamente di due campi nemici è una realtà in movimento.

Il campo degli operai può essere disperso, i suoi cosiddetti rappresentanti passare dalla parte del nemico con una parte dell'esercito stesso. Si può addirittura dichiarare che i due campi nemici non esistano affatto, che sono un ricordo del passato ma poi basta guardare con attenzione nella fabbrica moderna e scoprire che qua e là avvengono giornalmente contrasti.

Gli operai combattono, per sopravvivere, una lotta giornaliera contro i padroni. Da diversi punti del mercato mondiale si sentono gli echi di rivolte dove gli operai mettono in campo, se non la coscienza storica di cosa stiano facendo, sicuramente la loro forza numerica. Così lentamente ma inesorabilmente gli operai stanno ricostituendo questa volta, ad un nuovo livello del mercato mondiale, il loro campo nemico.

La ricostituzione di questo campo nemico richiede e produce un'attività teorica e politica ad essa corrispondente. Nessuna meraviglia dunque se oggi l'iniziativa teorica e politica degli operai sia molto limitata.

Agli albori della formazione della società moderna fu la stessa borghesia in lotta contro il feudalesimo a trascinare gli operai nel movimento politico; furono in seguito settori della classe dominante, rovinati dallo sviluppo della grande industria, a fornire strumenti teorici e politici agli operai per le loro lotta. Ancora dalla disgregazione delle classi dominanti borghesi è fuoriuscito qualche ideologo che è faticosamente giunto all'intelligenza storica del movimento ed è passato dalla parte degli operai -und namentlich ein Teil der Bourgeosideologen, welche zum theoretischen Verstandnis der ganzen geschichtlichen Bewegung sich hinaufgearbeitet haben-.

Oggi risulta chiaro che i borghesi hanno imparato la lezione della storia: per nessuna ragione si può correre il rischio di trascinare gli operai in un movimento politico, è pericoloso. Tantomeno siamo in una fase in cui elementi della classe dominante passino dalla parte degli operai; la lotta fra le classi è lontana dall'assumere un carattere decisivo.

Se la borghesia ha imparato a trattare gli operai in modo da non fornirgli troppe armi contro se stessa, gli operai hanno imparato che quando precipitano nel proletariato interi settori delle classi dominanti non solo introducono elementi di istruzione ma anche loro specifici borghesi modi di vedere, loro volontà di imporsi alla direzione del movimento.

In questa situazione è facilmente comprensibile il perché tocca direttamente agli operai tentare prime forme di organizzazione come classe, riappropriarsi dell'intelligenza teorica del movimento storico attraverso la quale possano fronteggiare l'influenza delle altre classi, capire la condizione reale in cui sono collocati e il modo per fuoriuscirne.

La concorrenza, tanto più vasta e profonda nella crisi, dissolve i legami fra gli operai, spezza anche la più elementare solidarietà. La pressione delle classi superiori si fa generale, tutto sembra annientare il movimento degli operai, la sua impossibilità a ricomporsi su nuove basi.

LA GUERRA SOTTERRANEA

E' proprio qui, però che di nuovo, i padroni e gli operai entrano in collisione; senza mediazione combattono una guerra civile più o meno latente, primitiva. I primi sono costretti dal loro stesso sistema a schiacciare oltre misura i loro schiavi, a buttarli fuori dalle fabbriche quando non servono più, a rubare loro la vita nelle ore più disparate, la notte, nei giorni di festa, a farli vivere al limite della sussistenza. I secondi, gli operai, sono costretti per sopravvivere a difendersi con tutti i mezzi, sicuri ormai, per propria esperienza, che la difesa per via sindacale è stata contrassegnata in questi anni da una serie di accordi capestro.

Nella contrattazione sindacale odierna non si contrappongono più operai e padroni ma i loro ingannevoli surrogati: le necessità dell'impresa di stare sul mercato e i "lavoratori" che devono adeguarvisi per vie consensuali.

Nella lotta politica la questione appare ancora più estranea al contrasto fra operai e padroni: qui si gioca il dominio di una frazione di borghesi contro l'altra per far funzionare al meglio il capitalismo, il suo Stato, per rendere in ultima analisi più produttivo lo sfruttamento operaio e rifondare su di esso nuovi privilegi per interi settori delle classi superiori.

Se l'industria nella sua impetuosa ristrutturazione mondiale ha dovuto sbarazzarsi di sedimentati rapporti politici e sindacali pieni di utopie riformiste; se ha dovuto ripresentarsi davanti ai suoi operai con la crudezza del profitto, del licenziamento, della disciplina aziendale - con multe e brutali ricatti- perché gli operai non dovrebbero rispondere con altrettanta brutalità scoprendosi schiavi ed associarsi per la loro liberazione?

Per quale ragione, se il capitale ristruttura se stesso sul mero calcolo economico, sui tempi macchina, sulla cadenza della linea, gli operai non dovrebbero rispondere ponendosi da subito l'obiettivo di liberarsi da questa sottomissione?

Perché dovrebbero aggirare il problema impastando e affogando questo obiettivo nelle menate varie su un capitalismo regolato o controllato dalle sinistre al potere?

Gli operai, alla sfrontata lucidità del manager industriale che parla chiaro sui suoi interessi borghesi, devono rispondere con altrettanta lucidità e determinazione: il nostro unico immediato obiettivo è l'emancipazione della nostra classe dalla schiavitù del lavoro salariato, l'organizzazione in classe, la costituzione di un proprio partito politico indipendente.

La grande industria è costretta suo malgrado a "far subentrare all'isolamento degli operai attraverso la concorrenza, la loro unione rivoluzionaria attraverso l'associazione"- setz an die Stelle der Isolierung der Arbeiter durch die Konkurrenz ihre revolutionare Vereinigung durch die Assoziation.

La grande industria è arrivata a Melfi imponendo agli operai un livello salariale più basso ed una produttività più alta; ha aggravato la concorrenza fra questi e gli altri già impiegati nell'industria automobilistica ma ha anche messo in contatto fra loro, inchiodandoli allo stesso tormento di un lavoro alienante e parcellizzato, una gioventù operaia che mai si sarebbe unificata attraverso i normali contatti della vita cittadina.

Pensare che questo processo si sta svolgendo su tutto il mercato mondiale, che la crisi sta sostituendo con il macchinario le vecchie forze operaie con le nuove, si può ben capire come, ed è solo questione di tempo, gli operai si ripresenteranno sulla scena politica mondiale con una nuova associazione internazionale che incarnerà la loro unione rivoluzionaria.

Questo processo è solo agli inizi, richiede per essere scoperto un'attenta osservazione dei tempi della crisi. Occorre essere nelle fabbriche e cogliere il significato generale delle trasformazioni del ciclo produttivo, dell'accanimento con cui settori di operai, dispersi, isolati, resistono ed ingaggiano scontri impari con i propri padroni rischiando di rimanere in mezzo ad una strada.

Gli "amici" degli operai si sono dileguati, i loro cosiddetti rappresentanti di sinistra, al massimo della loro iniziativa chiedono un adeguamento salariale almeno al livello dell'inflazione o una riduzione di orario bilanciata dall'aumento della produttività.

Altri, non scorgendo in essi nessuna bella presentabile attività politica, si sono rifugiati a spulciare le pagine di Marx ad uso universitario. Hanno chiuso gli occhi e le orecchie per non vedere né sentire il rumore assordante delle fabbriche e degli operai descritte in quelle pagine: non erano nient'altro che il riflesso del formarsi di un modo di produzione che attribuiva agli operai e solo ad essi il compito di sovvertirlo da cima a fondo.

Così hanno potuto trasformare la conoscenza degli scritti di Marx in un buon affare economico scrivendo e vendendo libercoli ad uso dei salotti "sovversivi".

In questa situazione diventa tanto più importante che degli operai e dei militanti intellettuali che hanno l'onore di stare dalla parte degli operai lavorino per l'organizzazione degli operai in classe. Si associno nel semplice programma della liberazione degli operai e lo perseguano con i mezzi, pochi, che trovano a disposizione nella società.

La pressione delle classi superiori su questo tentativo è grande, viene liquidato con sufficienza nei circoli della sinistra politica. Non da grandi soddisfazioni pubbliche, non può essere sostenuto in massa dagli operai perché sono solo all'inizio di un nuovo ciclo di emancipazione.

E' però indistruttibile, il tentativo di elementi di una classe sottomessa di liberarsi non può essere cancellato, non si può costringere uno schiavo a rinunciare ad organizzarsi per liberarsi per quanto i mezzi che usa siano primitivi, incompleti, non sufficientemente affinati.

Oggi è difficile trovare fra gli operai stessi gli uomini per dare vita all'associazione, figuriamoci fra gli ideologi provenienti dalle classi superiori, dove è quasi impossibile trovare un qualche contributo.

Bisogna cercare col lanternino operai che sanno da dove vengono e dove sono costretti dalla storia ad andare, ma ci sono. Si collegano, resistono. Prendono posizione di parte operaia sui rapporti generali fra le classi, lavorano per dare vita ad un movimento politico che sia proprio degli operai.

Guidano, guardando agli interessi futuri, le lotte odierne sul salario, contro i licenziamenti, sostengono apertamente la necessità di un vero e proprio partito indipendente.

Non solo: affrontano, anche se con mezzi insufficienti, la lotta teorica con gli esponenti delle classi superiori, perché l'esperienza ha ampiamente dimostrato che senza teoria rivoluzionaria non vi può essere nessun movimento rivoluzionario. Così queste esigue minoranze svolgono un ruolo storico di prima necessità, preparano il terreno alle nuove leve, sono gli effettivi precursori di una ripresa del movimento degli operai che sbalordirà i borghesi del mondo intero.

L'Associazione per la liberazione degli operai è quanto come operai oggi abbiamo saputo proporre e sostenere teoricamente e politicamente. Appartiene volenti o nolenti a questa fase di evoluzione del movimento degli operai verso la loro organizzazione in classe. Per questa ragione lavoreremo per renderla più forte, più agguerrita, più internazionale.

(Le citazioni in tedesco sono tratte da "Das Kommunistische Manifest", Karl Marx, Friedrich Engels - Leipzig 1872. Traduzione nostra).

Relazione alla riunione del 29/10/95 a Modena dei gruppi operai aderenti alla Associazione per la Liberazione degli Operai