Cronaca delle lotte degli operai di Melfi

Lunedì 19/4 Martedì 20/4 Mercoledì 21/4 Giovedì 22/4 Venerdì 23/4 Sabato 24/4 Domenica 25/4 Lunedì 26/4 Martedì 27/4 Mercoldì 28/4 Giovedì 29/4 Venerdì 30/4
Sabato 1/5 Domenica e lunedì 2-3/5 Martedì 4/5 Mercoledì 5/5 Giovedì 6/5 Venerdì 7/5 Sabato 8/5 Domenica 9/5 Lunedì 10/5      

 


Per il settimo giorno consecutivo continuano i blocchi alla Fiat di Melfi. Gli operai non hanno alcuna intenzione di smobilitare. Il blocco delle merci dell'intera area produttiva, compreso l'indotto, ha già provocato la chiusura degli stabilimenti di Mirafiori, Termini Imerese, Termoli e della Sevel di Castel di Sangro. Da Lunedì si fermerà anche l'Alfa di Pomigliano. A Melfi infatti si producono i componenti che servono in buona parte l'intero circuito produttivo della Fiat. Inoltre fabbriche come Termoli che producono i motori sono costrette a fermarsi perché l'arresto delle produzioni delle auto rende problematico la produzione ulteriore dei motori destinati ad essere montati sulle vetture. Il blocco dell'intera area produttiva di Melfi sta mettendo in ginocchio la Fiat.
E' un evento storico. Facilitato dalla concentrazione produttiva nell'area industriale di Melfi ma provocato essenzialmente dall'intelligenza con la quale gli operai stanno portando avanti la protesta. Tante chiacchiere sul "prato verde", sulla fabbrica integrata, sulla nuova e perfetta organizzazione del ciclo produttivo, basata sulla piena integrazione e l'attivo coinvolgimento degli operai, spazzate via in un attimo. La scelta di localizzare l'indotto a Melfi per garantire il continuo rifornimento dello stabilimento senza grosse spese di magazzino si manifesta in un attimo come un vero e proprio boomerang. Il blocco totale delle merci e il controllo di tutte le vie di comunicazione, comprese la ferrovia, hanno costretto la Fiat a ricorrere agli elicotteri per recuperare in qualche modo le scorte di componenti utili agli altri stabilimenti. Ma questo non è bastato. L'effetto domino del blocco produttivo si estende a macchia d'olio.

Tutto è iniziato Lunedì 19. Per il terzo giorno consecutivo, di fronte ad uno sciopero degli operai dell'indotto, l'azienda decreta la messa in libertà di buona parte degli operai dello stabilimento. E' una pratica che la Fiat sta utilizzando in molte fabbriche. Non vuole sentir parlare di scioperi, neanche di un'ora sola. E così ad ogni sciopero proclamato anche solo da un reparto o, come è successo a Melfi, dagli operai dell'indotto, la Fiat risponde mandando a casa per l'intera giornata gli operai. Il che significa che gli operai perdono il salario. E' un atteggiamento arrogante ed odioso con il quale la Fiat cerca di mettere in ginocchio gli operai e annientare il loro diritto di sciopero. La schiavitù della fabbrica assume così dei contorni sempre più definiti. E i famosi diritti, compreso quello dello sciopero, sono annientati.
Ma questa volta gli operai hanno ribaltato la frittata. Lunedì infatti l'azienda ha parcheggiato interi reparti nella sala mensa in attesa di comunicare loro la definitiva messa in libertà o la ripresa della giornata lavorativa. L'arroganza della Fiat è giunta al punto di comunicare giorno per giorno, ora per ora, se si lavora oppure no. Gli operai trattati come schiavi senza alcuna considerazione. Per raggiungere Melfi gli operai sono costretti a compiere veri e propri viaggi dalla durata anche di un'ora e mezza. E spesso arrivando con i bus devono aspettare per il ritorno la fine del turno. Ma di tutto questo la Fiat se ne frega.
La sala mensa di Lunedì invece di essere l'area di parcheggio di una massa inerme che aspetta di conoscere la volontà del padrone si è trasformata in una assemblea di operai rabbiosi e determinati a ribellarsi al sopruso della Fiat. Anche la parte degli operai del montaggio "risparmiati" quel giorno dalla "messa in libertà" si fermano, spontaneamente in sciopero.
A nulla basta la decisione dell'azienda di riammettere gli schiavi al proprio posto di lavoro. Il gioco è sfuggito alla Fiat e lo hanno preso in mano gli operai. NON SI TORNA AL LAVORO. L'assemblea cerca di stilare un primo documento di rivendicazioni. I delegati sindacali di Fim, Uilm e Fismic sono smarriti. Non sanno più cosa fare. Gli operai sono determinati: oggi non lavoriamo e a deciderlo siamo noi. Tra mille mediazioni gli operai costringono i delegati presenti a firmare un documento in cui si chiede all'azienda l'equiparazione salariale e normativa con gli altri operai Fiat, la fine della doppia battuta (12 notti consecutive), migliori condizioni di lavoro e la fine della repressione che alla Sata di Melfi significa 2500 contestazioni all'anno, licenziamenti a raffica degli operai ribelli e pugno duro con chiunque mette in discussione lo strapotere del padrone. L'atto di forza della direzione aziendale si trasforma per il padrone in un incubo. Gli operai escono dalla sala mensa e chiamano gli altri reparti che stanno ancora lavorando. A quel punto l'intera fabbrica è in sciopero. Si decide di uscire dallo stabilimento. Alcuni propongono il blocco totale degli ingressi. La proposta è accolta con un'ovazione. I precedenti blocchi attuati insieme agli operai di Termini Imerese nel sostegno alla loro lotta che provocò il blocco di tre giorni dello stabilimento di Melfi è un utile bagaglio di esperienza. Memori di quei blocchi gli operai sanno già come organizzarsi. Dispongono i picchetti in tutti i posti di accesso alla fabbrica. Si recano al vicino stabilimento della Barilla e in cambio del lasciapassare dei loro mezzi e del personale chiedono pedane e una scorta di merendine. Il padrone Barilla non esita. La solidarietà tra padroni mostra immediatamente la corda. In pochi minuti arrivano pedane e merendine così come avevano chiesto gli operai. Inizia la rivolta.
Gli operai del secondo turno arrivano e trovano il blocco. Non esitano ad unirsi alla protesta. E così accade per il terzo turno. Nel frattempo iniziano le prime defezioni. La Fim, la Uilm e la Fismic si dissociano dal blocco. Affermano che sono d'accordo nel merito delle proposte ma non nel metodo. La prima elementare protesta degli operai fa subito una prima chiarezza sugli schieramenti in campo. I nemici degli operai sono costretti a gettare la maschera e a dichiararsi apertamente come tali. Si costituisce così una prima forma di coordinamento della lotta. All'interno ci sono tutti i delegati Rsu che non hanno abbandonato la protesta. In primo luogo i delegati di Fiom, slai cobas, Alternativa Sindacale e Failms a cui si aggiunge l'Ugl. L'equilibrio tra le varie componenti è abbastanza teso ma finora tenuto saldo dalla determinazione degli operai di portare avanti la lotta.


Martedì 20: i picchetti non si fermano. Gli operai tengono fede alla loro dichiarazione iniziale: blocco totale dello stabilimento fino all'accettazione da parte della Fiat dei punti rivendicativi. E' chiaro che un punto centrale è quello del salario. Ad es., il lavoro notturno a Melfi subisce una maggiorazione del 45% a fronte del 60,5% degli altri stabilimenti Fiat. I livelli medi sono inferiori a parità di mansioni con gli altri colleghi della Fiat. L'azienda torinese si è inoltre rifiutata di firmare il contratto integrativo.
I ritmi di lavoro sono incessanti. La Sata di Melfi è stata la prima fabbrica Fiat ad introdurre il Tmc2, ad avere pause ridotte e ad imporre agli operai di seguire un ciclo produttivo forsennato. Con 5.000 operai si producono 1.500 vetture al giorno. Non c'è spazio per nessuna ribellione. Chiunque non segue la maratona produttiva viene punito. Fioccano lettere di contestazioni, giornate di sospensione, licenziamenti per i più ribelli. E in più c'è il problema della ribattuta. Dodici notti consecutive. Una mazzata che gli operai da tempo denunciano. In realtà la Fiat ha mostrato qualche segno su questo fronte. A Pratola Serra, la fabbrica gemella della Sata, l'Fma, ha ottenuto il superamento della ribattuta, in cambio di un maggiore utilizzo degli impianti. Il tutto è stato cioè reso possibile solo perché rientrava nelle esigenze di riorganizzazione produttiva della Fiat. Ma anche a Melfi è da tempo che si discute di un superamento delle 12 notti. Sul salario invece la Fiat non ha mai mostrato alcun segnale di disponibilità ed è su questo che gli operai si giocano la partita.


Mercoledì 21 arrivano le prime provocazioni. La più pesante tra il primo e il secondo turno.
Si presentano due autobus di impiegati e capi. Scortati dalla polizia tentano di forzare il blocco. Gli operai non ci stanno. Si dispongono lungo la strada seduti per terra. Pongono la loro condizione: se i capi vogliono entrare devono scendere e passare a piedi. I capi si rifiutano. Molti di loro sono stati precettati dall'azienda. Alcuni dichiarano di aderire allo sciopero. Il tentativo di forzare i blocchi fallisce. Gli autobus tornano a casa.
Nel pomeriggio la tensione torna alta. Col passare delle ore la polizia aumenta visibilmente. Ad un certo punto in assetto anti-sommossa si dispongono per tentare una carica. Si tenta di identificare gli operai che partecipano ai picchetti. Nessun operaio ha con sé i documenti. Gli operai non cedono neanche a questa provocazione. Si dispongono sui bordi della strada e stupiti assistono ai preparativi di una eventuale carica. Tentano di spiegare che sono lì per difendere il loro diritto ad un salario più elevato e per condizioni di lavoro più umane.
L'aria si stempera e la polizia rinuncia ad avanzare. Almeno per ora.


Giovedì 22. La lotta continua e la Fiat è costretta a fermare le produzioni a Mirafiori, Termini Imerese e alla Sevel di Castel di Sangro. I componenti non arrivano e la produzione non può andare avanti. In totale 7.500 operai in cassa integrazione. La Fiat diffonde una nota in cui lamenta le grandi difficoltà in cui versa l'intero apparato produttivo. La Fim, la Uilm e la Fismic cercano di darle una mano. Organizzano una contromanifestazione nella città di Melfi. Nonostante i grandi proclami l'iniziativa viene disertata da tutti gli operai. Uno sparuto gruppo di capi con famiglie al seguito che non raggiungono le 200 persone. Il sindaco cittadino di Forza Italia solidarizza con i manifestanti. Il vescovo benedice la manifestazione ma questo non serve a nasconde il colossale fallimento.
Nel frattempo il coordinamento delle Rsu in lotta convoca una manifestazione nazionale per Sabato 24 in appoggio alla lotta di Melfi. Fim, Uilm e Fismic non sanno più cosa fare per aiutare il padrone Fiat. Hanno tentato una manovra per ripetere l'esperienza della marcia dei 40.000 a Torino e stroncare la protesta degli operai. Ma la marcia trionfante non si è ripetuta. Qualcuno dai balconi li ha pure fischiati. Gli iscritti ai sindacati padronali prendono le distanze e una parte di loro partecipano ai blocchi. Tra di loro anche qualche delegato più avveduto. Qualcun altro straccia la tessera. La protesta degli operai li ha spiazzati.
Nel pomeriggio una riunione del coordinamento delle Rsu in lotta. I delegati più combattivi continuano a ribadire che la lotta è finalizzata all'ottenimento dei tre punti che sono stati sin dall'inizio indicati dagli operai: parificazione salariale e contrattuale con il resto degli operai Fiat, superamento della ribattuta e un miglioramento delle condizioni di vita in fabbrica. Nessuna mediazione al ribasso e nessun accordo che recepisca solo parzialmente le richieste può bastare per rimuovere i blocchi. Gli operai che si succedono in massa ai picchetti hanno ben presente questo obiettivo. E non sopporterebbero nessun tradimento rispetto a questa piattaforma. La Fiom ne prende atto e va avanti.
Ma i servi non mollano. Nella notte arriva una telefonata: è la confederazione dei trasportatori che annuncia che stanno per arrivare i camion per caricare le merci dopo che si è appreso che i soliti sindacati hanno firmato l'accordo per gli operai dell'indotto. E' un'altra manovra per dividere e disorientare gli operai. La notizia si rivela ben presto falsa. Ma gli operai avevano già dato la loro risposta: tutto quello che fanno Fim, Uilm e Fismic è un affare del padrone e dei loro lacché. Questi signori possono firmare quello che vogliono: i blocchi restano.
Più passano le ore e più è evidente che si tratta di un braccio di ferro tra gli operai e la Fiat. L'azienda ricorre continuamente a dei colpi bassi. Utilizza sapientemente i sindacati padronali ma anche questa mossa si rivela inefficace: li ha resi talmente asserviti che tutti li identificano immediatamente come controparte. In questo braccio di ferro perde chi si arrende prima. La Fiat lo sa bene. E lo sanno bene anche gli operai che ribattono colpo su colpo.


Venerdì 23. Gli operai continuano ad organizzarsi. Si allestisce una mensa. Servono viveri, legna e soldi per continuare la protesta. Si tengono i contatti con le altre fabbriche per apprendere notizie e organizzare la manifestazione del sabato.
Dopo i dati allarmanti diffusi dalla Fiat la stampa che ha ignorato del tutto la protesta (tranne Il Manifesto che l'ha seguita con un certo rilievo) inizia a parlarne. Gli operai mettono in ginocchio il più grande gruppo industriale del paese e nessuno se ne accorge. Il padrone lancia il grido d'allarme e la stampa inizia ad interessarsi al caso.
I grandi capi della sinistra disertano i cancelli. La protesta operaia di Melfi è un affare che preoccupa tutti. Nessun partito politico si attiva per sostenere la lotta. Solo qualche politico locale e qualche deputato cercano di inviare qualche timida richiesta al governo affinché organizzi un tavolo di trattativa. Ma a questo ci pensa la Fiat. I sindacati vengono convocati a Roma. Fim, Uilm e Fismic mentre si apprende la notizia della convocazione sono già seduti a discutere con i capi della Fiat. Più tardi si apprenderà che la convocazione è rivolta alla Fiom. Più passano i giorni e più "Cisl, Uil e Fismic" si identificano con il padrone. La Fiom partecipa all'incontro. La Fiat pone subito una pregiudiziale: per discutere con la Fiom bisogna sciogliere i blocchi. La Fiom rifiuta e viene estromessa dal tavolo della trattativa. Dopo poche ore arriva la notizia: i soliti noti hanno firmato l'accordo con la Fiat. E' un'intesa che si copre di ridicolo. L'accordo è un calendario di incontri in ci si stabilisce che il 4 Maggio i sindacati incontreranno la Fiat per discutere del caso Melfi. All'ordine del giorno del futuro incontro la questione della ribattuta e del salario. E' una farsa che copre di vergogna chi l'ha firmata e offende gli operai, innanzitutto gli iscritti ai sindacati firmatari. Ma la notizia passa senza che nessuno gli dia importanza.



Sabato 24. Arrivano 10.000 operai. Gli operai dell'intera area industriale della Sata sono tutti lì. Nessuno assente. Dopo 6 giorni di sciopero ancora più arrabbiati e decisi. Nel frattempo si apprende che altri stabilimenti potrebbero fermarsi da Lunedì in poi. Termoli innanzitutto che produce i motori e poi l'Alfa di Pomigliano che è presente con una nutrita delegazione operaia alla manifestazione. Arrivano delegazioni anche da Mirafiori, Arese, Termini Imerese, Alenia e altri stabilimenti dell'intero territorio nazionale. Alla manifestazione non partecipano le altre classi. Solo un piccolo gruppo di giovani ed uno sparuto manipolo di politicanti, incluso qualche sindaco del circondario, con tanto di fascia tricolore. Il contrasto con le recenti manifestazioni popolari contro il deposito di scorie radioattive a Scanzano è evidente. Ancora una volta gli operai apprendono che devono fare da soli. Il corteo attraversa il lungo violone che costeggia la fabbrica, i cui cancelli sono presidiati in forza da ingenti forze dell'ordine.
Fim. Uilm e Fismic fanno recapitare un volantino in cui si legge che i blocchi non servono alla causa degli operai ma c'è bisogno di dialogo. Gli operai rispondono: solo i servi non servono.
Nel frattempo la notizia acquista una certa valenza. I tg iniziano ad occuparsene. Il governo fa sapere tramite Maroni che non interverrà in alcun modo nella trattativa: è un affare della Fiat e dei sindacati. Il sottosegretario al lavoro Sacconi si sbilancia e dichiara che la Fiom deve essere spazzata via per ricostruire un clima di relazioni sindacali moderne. Nel governo si fa strada l'ipotesi di assestare un colpo agli operai. La Fiom decreta 4 ore di sciopero nell'intero gruppo Fiat per martedì prossimo. Il segretario generale della Cgil Epifani invita a riflettere: i blocchi potrebbero essere una strada sbagliata. Ma gli operai dimostrano di conoscere bene la loro strada. E da quella strada, quella che conduce alla fabbrica, non si passa.


Domenica 25. La giornata trascorre tranquilla, anche se è forte il timore di un'azione di forza della polizia. In serata centinaia di operai e capi vengono contattati telefonicamente dall'azienda che li invita a riprendere il lavoro lunedì mattina, perché i blocchi saranno tolti. La notizia fa immediatamente il giro fra gli operai. I picchetti diventano subito più numerosi. Molti operai decidono di venire con i pullman per convincere qualche eventuale crumiro a non tentare di passare. La notte trascorre aspettando l'ennesimo braccio di forza.


Lunedì 26 Il blocco del lunedì inizia con una visita. Alle 6,00 del mattino si presentano due autobus con a bordo 30 capi e capetti della Fiat. La polizia è intenzionata a farli entrare. Anche i manifestanti, che pongono una condizione: i capi possono scendere e recarsi a piedi allo stabilimento. La proposta non viene accettata. I capi si rifiutano di scendere. Gli operai si dispongono seduti davanti ai blocchi: Resistenza passiva. La polizia si dispone in assetto antisommossa e inizia a sollevare gli operai per allontanarli dal blocco. Sono presenti anche i dirigenti sindacali della Fiom tra cui Gianni Rinaldini, segretario nazionale della Fiom.
Gli operai ora sono in piedi ai bordi della strada. Si ridispongono davanti ai blocchi con le mani alzate. La polizia cerca di fare pressione. La tensione è molto alta. Partono le prime cariche. Si cerca di disperdere i manifestanti. Le manganellate aumentano. Le cariche si ripetono. Gli operai cercano di ricomporsi. Questo si ripete per 4 ore. Alle 10,00 passano gli autobus. Il bilancio di questa prima mattinata registra undici operai feriti. Il segretario Gianni Rinaldini dichiara alla stampa : "La polizia ha fatto un atto di servilismo nei confronti della Fiat ed è stata filo-diretta dall' azienda. Così qui è successo un fatto vergognoso, picchiando lavoratori che protestavano pacificamente le loro ragioni".
In queste prime ore la Fiom a caldo revoca lo sciopero di 4 ore proclamato per il giorno successivo nel Gruppo Fiat e indice uno sciopero generale del settore metalmeccanico per Mercoledì. In Basilicata sciopero generale di 8 ore sempre per Mercoledì.
Nel frattempo gli operai dell'intero gruppo Fiat si trovano i cancelli chiusi. Anche in altri stabilimenti dove la produzione non risente della mancanza di componenti, come all'Fma di Pratola Serra, la produzione è ferma. La Fiat teme reazioni e manda gli operai a casa. Ma la notizia degli scontri a Melfi si diffonde in poche ore. Dall'Alfa di Pomigliano delegazioni di operai si organizzano e si recano a Melfi per sostenere la lotta. Lo Slai di Pomigliano arriva con furgoni, altoparlanti e una folta delegazione. Anche un gruppo di operai e delegati della Fiom dell'Alfa di Pomigliano si presenta ai blocchi. Così succede per altri stabilimenti vicini. Anche gli operai di Melfi non presenti ai blocchi si precipitano davanti ai cancelli. In poche ore cresce visibilmente la massa degli operai ai presidi. La tensione non si allenta. Nel varco della Fenice, dove esiste un altro importante presidio, continuano le cariche.
Alle 16,30 si presenta un delegato sindacale della Uilm. Gli operai sono sbigottiti. L'"eroico" delegato viene assalito ma gli operai si guardano bene dall'avvicinarsi anche solo fisicamente. Forse per schifo o forse perché temono che si tratti di una provocazione e non vogliono cadere nella trappola. Dopo pochi minuti, tra fischi e pernacchi, il delegato esce di scena, al grido di "venduto, venduto".
Alle 17,40 arriva il presidente della Regione Basilicata Bubbico (DS). Viene accolto tra gli applausi. Rilascia le prime dichiarazioni alla stampa augurandosi una ripresa della trattativa e la ricomposizione dell'unità sindacale. Parole che non suonano male alle orecchie degli operai. Nel frattempo arriva la notizia di cariche al varco della Fenice. Gli operai chiedono al Presidente di recarsi dall'altra parte per fermare la polizia. Bubbico continua a parlare. In poco tempo viene sommerso da fischi. E' costretto a lasciare i cancelli di Melfi tra gli insulti. Si reca in un luogo sicuro: la vicina caserma dei carabinieri.
Nel frattempo continuano a giungere le notizie delle dichiarazioni politiche. L'opposizione condanna le carica della polizia. "Quanto avvenuto oggi a Melfi è una cosa molto grave", dice il leader di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti, che si è recato in mattinata nell'area occupata. "Ciò che è successo - aggiunge Bertinotti - era stato provocatoriamente annunciato dal sottosegretario al Lavoro Maurizio Sacconi, che in questi giorni si è distinto per la sua attività antisindacale". Sacconi risponde: "La rimozione del blocco illegale in atto da ben sette giorni è a questo punto non solo giusta ma necessaria per salvare il gruppo Fiat dal collasso produttivo e quindi finanziario". E ancora: "Insisto a ritenere che la modernità del paese passa per la sconfitta politica di questo tipo di sindacato". Tutto il governo si schiera a favore delle cariche. Fioccano proclami di solidarietà alle forze dell'ordine.
Dello sparuto gruppo di capetti fatto entrare con la forza in fabbrica non si ha più notizia. Nessuno li ha visti uscire. In serata, gli autobus con i quali erano entrati ripartono vuoti dallo stabilimento, scortati da mezzi della polizia, fra cui un cellulare. C'è chi dice che al suo interno, ben nascosti, siano stati trasportati i capetti Fiat.
In queste ore arriva un'altra notizia: le cariche della polizia sugli operai hanno spinto il titolo della Fiat in su alla Borsa di Milano. Agli operai sembra di assistere ad un film. Ogni minuto che passa le immagini si schiariscono. La trama del film diventa sempre più chiara. E gli attori sempre più riconoscibili. Ma i protagonisti principali vanno avanti. Al cambio turno si temono nuovi scontri. Gli operai si danno il cambio. Quelli del blocco mattutino vanno a casa. Alcuni acciaccati e stanchi. Quelli del turno serale prendono il loro posto. Ma questa volta più numerosi. In poche ore la presenza davanti ai presidi cresce: più di 2.000 operai presidiano i cancelli. La Fiat ha perso. L'intimidazione ha accresciuto la lotta. Centinaia di comunicati di solidarietà arrivano da tutte le fabbriche in Italia. Carovane di autobus arrivano vuoti lungo il vialone che porta alla fabbrica. Nessun operaio si è recato al lavoro. Lo polizia si allontana. E durante la notte cala una mezzaluna nitida e splendente ad illuminare l'ottava notte degli operai di Melfi.


Martedì 27Gli operai continuano a presidiare. Al mattino i picchetti sono numerosissimi. La prova di forza non è riuscita e la polizia è ora abbastanza defilata. Gli autobus continuano ad arrivare vuoti anche al turno delle 14,00. Nel frattempo giunge la notizia che la Fiat ha convocato i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil. La Fiat inizia a mollare la presa. Alla fine dell’incontro tenutosi a Roma, i dirigenti Fiat annunciano la svolta. Si tratta dell’apertura di un tavolo negoziale con la Fiom, Fim e Uilm, ben prima della scadenza del 4 maggio, prevista nell’accordo truffa con Fim, Uilm e Fismic. Nella realtà si tratta del riconoscimento che l’unico soggetto trattante è la Fiom e il coordinamento di lotta. L’incontro è atteso per il giorno successivo. Le manovre per fermare la lotta degli operai non sono però finite. Prima dell’incontro con la Fiat, i tre segretari si erano riuniti, dichiarandosi favorevoli alla fine dei blocchi, in cambio dell’apertura di una “trattativa seria”. Le pressioni sugli operai per far togliere i blocchi diventa fortissima. Si riunisce il cooordinamento di lotta degli RSU, che emette un comunicato, dichiarandosi disponibile a ricorrere a nuove forme di lotta, ma solo quando saranno ''valutati nel merito i contenuti'' della trattativa e ''in presenza di un avvio positivo''. In pratica, gli operai non ci stanno a smobilitare i blocchi, lo faranno solo quando l’azienda, nel corso di una trattativa seria avrà scoperto le carte, chiarendo se ci sono i termini per raggiungere un accordo. Nello scontro in atto si inserisce anche, come elemento di ricatto e pressione, l’intervento del giudice di Melfi, che con una procedura del tutto eccezionale intima alla Fiom, accogliendo un procedimento d’urgenza chiesto dalla Fiat, l’immediata rimozione dei blocchi. Il commento degli operai è sprezzante. Lo stesso giudice non ha mai adottato una tale procedura nei confronti degli innumerevoli procedimenti di licenziamento della Fiat e, non di rado, li ha addirittura respinti!


Mercoledì 28 Inizia lo sciopero nazionale dei metalmeccanici. A Melfi confluiscono 20.000 operai. Oltre agli operai di Melfi arrivano delegazioni dalle fabbriche di tutta Italia. Gli operai di Termini Imprese portano in dote 25.000 euro per sostenere l’agitazione di Melfi. Lo sciopero riesce ovunque. E’ la dimostrazione più netta che gli operai tifano per la lotta di Melfi. La sentono propria. Capiscono la posta in gioco. I tentativi di dividere gli operai del nord da quelli del sud falliscono miseramente. In serata l’incontro con Fiom, Fim e Uilm. Non si capisce bene cosa facciano al tavolo negoziale la Fim e la Uilm firmatari di una intesa separata completamente caduta nel vuoto. La Fiat si dichiara disposta a trattare nella misura in cui vengono rimossi i blocchi. La Fiom inizia pubblicamente a vacillare. Le prime dichiarazioni parlano di una proposta in tal senso della Fiom da presentare all’assemblea degli operai la mattina successiva. Cremaschi rilascia un’intervista in cui spiega che la mobilitazione non si fermerà. Durante l’intervista a Sky intervengono diversi commentatori. Gli operai rispondono colpo su colpo alle accuse di egoismo mosse nei loro confronti. E imparano a fronteggiare i parolai dei talk show. Intanto fra gli operai dei picchetti compaiono strane figure, vecchi rottami delle lotte passate, che cominciano a predicare a questa nuova generazione di combattenti la necessità di un passo indietro, per non finire come a Torino degli anni ’80. Invece di imparare dalle nuove esperienze, l’unica loro preoccupazione è di far ripetere i vecchi errori. Molti operai, anche brutalmente, li mandano a cagare.


Giovedì 29 Assemblea davanti ai presidi. La Fiom presenta la sua proposta: rimozione dei blocchi per trattare con la Fiat e assemblea permanente per continuare la protesta. Gli operai non ci stanno. Temono che, con la rimozione dei blocchi, la Fiat riconquisti la forza che ora ha perso. Gli interventi si susseguono incessantemente. L’assemblea è, come al solito, condotta con grande astuzia dai dirigenti Fiom, ad ogni intervento a favore per il prosieguo dei blocchi, segue sempre, ad arte, un intervento contrario, non importa se a farlo è uno dei vecchi rottami, non operai Sata, già “mobilitati” nella notte precedente, o il solito funzionario sindacale. Gli operai, però, non cedono, malgrado tutti i “consigli” a retrocedere, per evitare l’intervento della polizia. Arriva allora una mediazione: manteniamo solo i presidi. L’assemblea si dilunga, tanto che non diventa più chiaro cosa concretamente si deve decidere. Dopo tre ore e mezza di discussioni si vota: passa la proposta della Fiom. Gli operai temono che una defezione della Fiom possa compromettere la tenuta dell’agitazione. Si trasferiscono ai cancelli e iniziano l’assemblea permanente che per gli operai però significa: non entriamo in fabbrica e continuiamo lo sciopero. Per il primo Maggio manifestazione nazionale a Melfi. In serata inizia la trattativa a Roma. Partecipa una delegazione del coordinamento in lotta. La Fiom proclama le prime otto ore di sciopero che coprono il turno dalle 22,00 alle 6,00 in attesa del negoziato di Roma. La trattativa inizia alle 22,00. La Fiat non è disposta a cedere sul salario. “Non ci sono le condizioni per accogliere le richieste dei lavoratori” affermano i dirigenti Fiat. I delegati del coordinamento sono insoddisfatti. Si chiude così il primo round di trattative.


Venerdì 30 Le Rsu proclamano altro otto ore di sciopero per turno fino alle 22,00. Gli operai continuano a disertare il lavoro. La trattativa si riapre a Roma. La Fiat non è soddisfatta degli scioperi. Pensava che con la rimozione dei blocchi avrebbe iniziato a piegare gli operai. Così non è successo. La fabbrica è ferma e l’adesione agli scioperi pressoché totale. Nel corso della trattativa la Cisl annuncia il proprio ritiro. Le motivazioni :“E’ stata aggredita una delegata Cisl fuori i cancelli della Sata e in questo clima non ci sono le condizioni per trattare”. La polizia smentisce l’accaduto. Il coordinamento di lotta sottoscrive "un appello a tutte le forze sindacali affinchè non alimentino notizie infondate sull' iniziativa di lotta dei lavoratori. I lavoratori - aggiunge il coordinamento in riferimento alla notizia dell'aggressione della delegata Cisl - stanno facendo iniziative assolutamente pacifiche e non impediscono il transito nell'area industriale di Melfi nè alle persone, nè alle merci". Anche questa mossa della Cisl sembra che sia un aiuto alla Fiat che accoglie la richiesta di sospendere la trattativa. Rinaldini dichiara: “Per affrontare positivamente il conflitto sociale aperto a Melfi, c’è una sola strada percorribile: quella di un negoziato che risponda positivamente alle richieste avanzate dalle lavoratrici e dai lavoratori sugli aspetti retributivi e sulle condizioni di lavoro. Per questo, la sospensione del negoziato con la Fiat è un atto grave che tende non a risolvere i problemi ma ad alimentare la tensione.” Il fatto vero è che gli operai, malgrado siano stati costretti ad un passo indietro, non si sono piegati. I presidi, da cui la Fiom si era affettata a togliere i gazebo, sono ancora lì, numerosi e compatti, e anche se le merci vi transitano, gli operai, ciò che più importa, in massa, continuano spontaneamente a non attraversarli, bloccando completamente la produzione.

Sabato 1° maggio. La giornata inizia male. Il 26 aprile tutti i delegati Fiom della Sata avevano lanciato l’appello per una manifestazione nazionale il 1° maggio a Melfi, a sostegno della lotta. Tre giorni dopo però il fatto nuovo della fine dei blocchi rende la scadenza piuttosto scomoda. Il corteo potrebbe essere un momento per riaffermare la forza operaia, per aumentarne la mobilitazione, per saldare legami di collaborazione con gli operai di altre fabbriche, in particolare della Fiat. Tutte cose da evitare se si vuol sempre più ridurre l’attuale lotta nei binari delle “normali” relazioni sindacali, in cui padroni e sindacati collaborazionisti dettano legge, mentre gli operai sono chiamati di tanto in tanto allo sciopero, per essere usati come massa di manovra. Tutt’altra cosa è stata finora la lotta di Melfi, con gli operai che spontaneamente si sono mossi, individuando da subito le forme di lotta più adeguate agli attuali rapporti di forza e costringendo le organizzazioni sindacali o a smascherarsi o a rincorrerli. La stessa ostinatezza con cui, malgrado i tentativi di smobilitazione della Fiom, gli operai continuano a presidiare le vie di accesso allo stabilimento, dimostra come essi resistano ai tentativi di controllarli pienamente. Per la Fiom diventa naturale, allora, boicottare la scadenza, da essa stessa lanciata. Come farlo senza essere costretta ad imbarazzanti giustificazioni? Semplicemente ignorandola, senza né disdirla né confermarla. Solo nella serata di venerdì, ufficialmente, la Fiom fa sapere che ci sarà alle 19.30 del 1° maggio all’inizio del vialone dello stabilimento un concerto e, per garantirsi che gli operai non si presentino lo stesso al mattino per il corteo, si fa sapere che forse lo si terrà nel pomeriggio. Il sabato mattina così nessun delegato firmatario dell’appello si fa vedere al presidio e per tutta la mattinata sostano nel luogo del concentramento, senza sapere che fare, i pochi operai Sata presenti e numerose delegazioni di operai e lavoratori di altre parti d’Italia che avevano aderito all’iniziativa. Le discussioni fra gli operai Sata sono accese. L’attuale stallo delle trattative li spinge a riflettere sulla necessità di riprendere il blocco delle merci, ma l’assenza della maggioranza degli operai pesa su ogni ragionamento. Infatti, gli operai, dopo giorni di presenza, hanno approfittato di un momento in cui lo stabilimento è fermo e non si temono perciò ingressi di crumiri, per riposare a casa.
Il corteo nel pomeriggio non si fa. La Fiom, invece, convoca a sorpresa il coordinamento della RSU, che in questa fase di stanca della lotta ha perso buona parte della sua relativa autonomia. I dirigenti Fiom comunicano che la trattativa riprenderà martedì a Roma e che in quella occasione la Fiom organizzerà una manifestazione dei soli operai Sata nella capitale. Lo stallo nella trattativa crea non poche difficoltà alla Fiom, stretta fra gli operai che premono per una ripresa delle forme di lotta più dure, come il blocco delle merci, e la Fiat che, grazie a Fim e Uilm, manda per le lunghe le trattative per stancare gli operai. Bisogna lanciare un segnale di risposta, che scongiuri la ripresa dei blocchi. Da qui nasce la proposta della manifestazione. Molte però sono le perplessità fra i delegati. Non fa piacere la sensazione di essere costretti a rincorrere la Fiat, dopo essere stati ad un passo dalla completa vittoria. Parecchi decidono di non partecipare al corteo per non sguarnire i presidi. Altri si chiedono perché non coinvolgere tutti gli operai del gruppo Fiat nella scadenza. Ferma però è la decisione di continuare con lo sciopero ad oltranza.
In serata si svolge il concerto, senza che ci sia neanche un’assemblea fra gli operai sulla scadenza di martedì.
Il prossimo appuntamento è per domenica sera, al presidio del turno di notte.


Domenica 2 e Lunedì 3 Maggio. Il turno delle 22,00 della domenica si riunisce in assemblea. Gli operai non vogliono rientrare in fabbrica. Nel frattempo continua il presidio fuori i cancelli. La polizia si schiera lungo la strada, creando un cordone fra gli operai che presidiano e i crumiri che entrano. Malgrado ciò, anche questa volta, gli ingressi in fabbrica sono limitatissimi, non più di una quarantina di persone, in prevalenza capi ed impiegati. Al turno delle 6,00 si ripete la scena. Gli operai si riuniscono in assemblea. E si decide ancora per lo sciopero. La polizia forma un cordone per consentire il passaggio in fabbrica. Ma ad entrare sono in pochissimi. Anche questo sciopero è riuscito. La Fiom organizza l’annunciata manifestazione nazionale a Roma per Martedì. Nel frattempo si insegue la Fiat per la ripresa della trattativa sospesa su richiesta della Cisl, con la scusa della fantomatica aggressione ad una delegata. In realtà le questioni da dirimere sono molto delicate. La Fiat, dopo aver incassato la rimozione dei blocchi, che le ha dato respiro, permettendole di riattivare in parte la produzione in alcuni stabilimenti del gruppo (Pomigliano e Mirafiori), ha interesse ad attendere ancora un poco, nella speranza che ceda il fronte dello sciopero. Fim, Uilm e Fismic hanno bisogno di tempo perché chiudere la trattativa, dopo un accordo separato diventato lettera morta, sarebbe per loro una sconfitta troppo cocente. Hanno bisogno di inventarsi qualcosa che li rimetta almeno formalmente in gioco. La Uilm riunisce i suoi delegati a Rionero e chiede una riunione unitaria di tutta l’RSU prima dell’inizio della vertenza. Anche la Fim, per bocca di Caprioli, auspica una riunione di tutta l’RSU, come condizione per riprendere la trattativa. L’interesse che queste organizzazioni apertamente filo padronali hanno di riunire tutta l’RSU è evidente. Sin dall’inizio della lotta, gli operai avevano messo da parte i delegati Fim, Fismic e Uilm che avevano rinnegato, su indicazione dei loro dirigenti, il documento di lotta sottoscritto in un primo momento. A dirigere la lotta è stata una minoranza dell’RSU, il coordinamento degli RSU della Fiom, dello Slai Cobas, di Alternativa Sindacale, della Failms e dell’Ugl. Erano questi gli unici legittimati a trattare per conto degli operai in lotta. Riunire l’RSU al completo significa far rientrare formalmente nella trattativa anche quei delegati che hanno boicottato la lotta. Significa riaffermare il principio che a rappresentare gli operai nelle trattative non devono essere i dirigenti delle lotte, ma gli appartenenti alle organizzazioni formalmente “riconosciute”, a prescindere dal loro peso e dal loro ruolo nella mobilitazione. E’ una questione centrale, quella cioè della rappresentanza e delle forme organizzative degli operai. Una questione che la lotta di Melfi ha posto in evidenza, ma che attualmente non può risolvere. Operai e delegati combattivi, anche se a malincuore, non respingono al mittente la richiesta. Contano sulla loro forza fra gli operai e sul vincolo che ogni accordo per essere sottoscritto deve essere approvato dalla maggioranza degli operai.
La Fiom è messa in difficoltà dal blocco della trattativa. Si è assunta la responsabilità di convincere gli operai a togliere i blocchi, sostenendo che questo passo avrebbe sbloccato le trattative ed invece, dopo quattro giorni, tutto è ancora fermo.


Martedì 4 Maggio. Tutti a Roma. Sono 3.000 gli operai che arrivano nella capitale per il corteo indetto dalla Fiom. Al corteo sono presenti anche delegazioni di operai di altre fabbriche Fiat. Rinaldini, il segretario generale della Fiom, chiede l’apertura della trattativa non-stop. La Fiat continua a diramare dati sulle perdite produttive ma non accenna a nessun incontro. La protesta continua ad avere un ampio consenso. Nonostante i dati che la direzione aziendale si appresta a diramare sulla presunta presenza in fabbrica di 500 dipendenti a Melfi si continua a proclamare lo sciopero ad oltranza. E i lavoratori che varcano i cancelli sono pochissimi, anche se il loro numero cresce (in particolare per il Turno A, quello meno combattivo), arrivando ad un 120-130 unità, in maggioranza capi e capetti. Si paga lo scotto di aver sguarnito i presidi, stancando gli operai con una faticosa processione nella capitale. La Fim convoca per mercoledì una manifestazione a Melfi a sostegno della vertenza. Non si capisce bene cosa questo significhi. In realtà la Fiat si rifiuta di aprire il negoziato. Ma la posizione della Fim e della Uilm è molto chiara: gli operai devono rientrare in fabbrica. La stessa cosa che chiede la Fiat.
Il presidio della sera è numeroso e fra gli operai non c’è alcun segno di cedimento.


Mercoledì 5 Maggio. Lo sciopero continua. Di turno in turno si continuano a fare assemblee e rilanciare la protesta. La Fim svolge la sua manifestazione, concentrando solo poche centinaia di persone, in stragrande maggioranza delegati di altre fabbriche nazionali e funzionari, e chiede di trasformare lo sciopero ad oltranza in altre forme di lotta. In tutti i modi si tenta di indebolire lo sciopero e costringere gli operai a rientrare. Il coordinamento delle RSU in lotta dirama i suoi dati. L’azienda parla di 600 dipendenti. Per i delegati si tratta di appena 130, in stragrande maggioranza ancora capi e capetti, che la Fiat obbliga a lavorare sulle linee, per garantire un minimo di produzione. Gli operai se la ridono, sapendo che i capi e gli impiegati degli uffici, lontani dalle officine, sono per una volta almeno costretti a lavorare.
Dalle altre fabbriche Fiat continua ad arrivare la solidarietà. Tutti avvertono l’atteggiamento arrogante della Fiat che si rifiuta di trattare. Il coordinamento delle Rsu avvia la raccolta di firme per far decadere la Rsu composta in maggioranza da delegati di Fim-Uilm e Fismic.
Nel frattempo, la magistratura continua la sua opera di intimidazione: a molti delegati ed operai sono state notificate le denunzie di alcune aziende del pianeta Fiat per i danni subiti a causa del blocco ed il giudice si è affrettato a convocare i denunciati per la stessa mattinata di mercoledì in tribunale a Melfi. Un’inutile mossa che non fiacca la determinazione di lotta degli operai.
Nel pomeriggio, l’annunciata riunione di tutta l’RSU non si tiene e, contestualmente, anche l’incontro atteso a Roma tra le segreterie Fim, Fiom, Uilm e Fismic con la Fiat salta. Nell’assemblea del pomeriggio gli operai si dichiarano stanchi di aspettare e decidono di radicalizzare le forme di lotta, passando dai presidi ai blocchi duri. La Fiom non può opporsi alla rabbia operaia, ma chiede di aspettare ancora, prima fino alle 18,00 e poi fino alle 21,00. In serata si discute su come continuare la lotta. Gli operai riorganizzano i blocchi. Ricompaiono i falò. Con sospetta tempestività arriva la notizia di un incontro a Roma tra Fiat e sindacati. La Fiat avrebbe dichiarato la disponibilità a trasferire il negoziato a Melfi. La tensione si stempera anche se nella nottata i blocchi restano, per tornare ai presidi in occasione del turno di mattina del giorno dopo.


Giovedì 6 maggio. Col turno di mattina entra in fabbrica solo lo stesso numero di crumiri. Si tengono riunioni separate degli RSU delle varie organizzazioni sindacali. Alle 14.00 è fissato l'inizio della trattativa all'interno dello stabilimento fra RSU e azienda. La tanto annunciata riunione di tutte le RSU per "validare" la piattaforma (come se uno sciopero ad oltranza così compatto non l'avesse già "validata"!), in realtà non si tiene. Richiederla è servito solo per sdoganare come soggetti trattanti i delegati di Fim, Uilm e Fismic, che sono stati contro la lotta. In compenso, Tonino Innocenti e Michele Romano, due delegati rispettivamente della Fiom e dello Slai, licenziati dall'azienda nel corso dell'ondata repressiva che aveva fatto seguito ai blocchi con gli operai di Termini Imprese, vengono esclusi dalla trattativa. E così due dei principali organizzatori della lotta vengono estromessi mentre vengono ammessi come rappresentanti degli operai in sciopero proprio quelli che, per servilismo con l'azienda, si sono schierati contro gli scioperanti! L'altra cosa negativa che passa è che la trattativa per la Sata si farà separatamente da quella per l'indotto e da quella per le aziende terziarizzate. Un altro modo per dividere i lavoratori e indebolire il fronte di lotta.
La trattativa fra RSU e Fiat va subito per le lunghe. L'azienda è disposta ad eliminare la doppia battuta, lasciando però immutati i 18 turni settimanali (dalla domenica alle 22.00 fino al sabato successivo alle 22.00, per cui gli impianti sono fermi solo dalle 22.00 del sabato alle 22.00 della domenica). La Fiat propone uno scorrimento 3-2-1 con un turno diverso ogni sette giorni. La prima settimana si farebbero 32 ore di lavoro, la seconda 40, la terza 48 (e dunque rispettivamente 3, 2 e 1 giorni di riposo). Disponibilità a trattare anche sui provvedimenti disciplinari. Il punto più caldo, però, resta quello dei salari: la Fiat è disponibile a trattare sul "premio di competitività", ma solo escludendo alcune forme di assenza (ad es. i congedi per maternità) dal calcolo dell'assenteismo, che è un parametro che influenza negativamente l'entità del premio. Per quanto riguarda le maggiorazioni per le ore notturne (che a Melfi sono del 40%, a fronte del 60,5% degli altri stabilimenti Fiat) l'azienda è d'accordo per un loro riallineamento, ma in tempi lunghi, ovvero iniziando nel 2005 per finire nel 2007; solo dopo aver verificato, cioè, se nel 2006 si sia davvero realizzato il pareggio di bilancio previsto nell'ultimo piano. Alle 21.00 la trattativa viene sospesa, mentre una folla di operai (quasi 4.000) si concentra nel presidio Barilla. Gli operai sono incazzatissimi. Giudicano le proposte aziendali come una provocazione, molti vorrebbero inasprire le forme di lotta, tornare ai blocchi. La Fiom, però, tiene banco nell'assemblea e assicura che le proposte aziendali non saranno accettate. Se da un lato la pressione della compatta massa operaia impedisce alla Fiom di svendere brutalmente la lotta, dall'altro, dopo la rimozione dei blocchi, il controllo dei vertici della Fiom sul movimento è sempre più asfissiante, mentre le frange operaie organizzate nei sindacati alternativi svolgono un ruolo sempre più marginale e subalterno.


Venerdì 7 maggio. Si continua con lo sciopero ad oltranza, anche se il numero di crumiri al lavoro nel solito turno A è notevolmente aumentato, quasi 300 unità. Molti di loro sono entrati in fabbrica parecchie ore prima dell'inizio turno, per aggirare i presidi.
La trattativa, intanto, prosegue nello stabilimento per tutta la giornata. Le RSU (eccetto quelle dello Slai Cobas e di Alternativa Sindacale), presentano all'azienda una controproposta sul salario, che prevede un 10% di aumento sulle maggiorazioni notturne subito e un 5% da distribuire nel tempo, in più si richiede un premio annuo di 300 euro da dare ogni mese di luglio. L'azienda consegna alle RSU in un documento le sue proposte "conclusive"in cui si offre un aumento salariale di 56 euro come maggiorazione per il lavoro notturno e di 36 euro per il premio di competitività, per un totale di 92 euro lordi mensili che scatterebbero a regime, cioè a partire dal gennaio 2007. Prima di questa data gli aumenti sarebbero graduali e progressivi per arrivare alla soglia stabilita. Per quanto riguarda le maggiorazioni per il lavoro notturno la proposta prevede un aumento, a luglio, del 6 %, e due aumenti del 4,5 % ciascuno a gennaio del 2006 e del 2007.
Pure questa proposta viene respinta dalle assemblee operaie, in cui alcuni interventi criticano anche le proposte della maggioranza delle RSU, perchè nei fatti, esse accettano il permanere, anche se ridotto, di una differenza salariale con gli altri operai della Fiat. Ma è solo una minoranza quella che radicalmente si oppone alla "mediazione" sostenuta dalla Fiom. Certo è la parte più decisa e presente ai blocchi, è quella consapevole di come si sia stati vicino alla vittoria completa e come la smobilitazione dei blocchi abbia ridato fiato alla Fiat. E' la parte che con maggiore determinazione ha proseguito con i presidi, malgrado l'indicazione Fiom fosse quella di assemblea permanente all'interno dello stabilimento. Ma è pur sempre una minoranza degli operai. L'unica cosa che queste critiche riescono ad ottenere nelle assemblee è una sorta di ultimatum alla Fiat: o domani alle 14.00 si chiude la trattativa, oppure si rilanciano le forme di lotta. E' evidente che si tratta solo di un bluff, una minaccia tesa solo ad accelerare i tempi di una vertenza ormai giunta sulla dirittura d'avvio. Fino a tarda sera al presidio Barilla grossi capannelli di operai discutono della situazione. Molti sono gli scontenti. Molti, come hanno già fatto in assemblea, criticano la Fiom, che, ad esempio, non ha ancora messo a disposizione neanche un euro delle sottoscrizioni alla lotta che ha ricevuto, ma l'orientamento generale è di attendere gli esiti della trattativa.


 

Sabato 8 maggio. L'incontro del mattino fra RSU e Fiat previsto nello stabilimento di Melfi viene disdetto. La Fiat ha chiesto di incontrarsi alle 14.00 a Roma con le segreterie nazionali di Fim, Fiom, Uilm e Fismic per proseguire la trattativa. La sede di Roma è certo più tranquilla di quella di Melfi, dove le delegazioni trattanti avvertono il fiato sul collo degli operai in lotta. I delegati dell'RSU vogliono però partecipare alla trattativa e sono ammessi agli incontri di Roma.
La trattativa prosegue senza interruzioni dal pomeriggio per tutta la notte, mentre gli operai a Melfi continuano con la stessa determinazione di sempre a scioperare e a presidiare le vie di accesso allo stabilimento.


Domenica 9 maggio. In mattinata, alle 6.40 viene raggiunta l'intesa. E' un compromesso che accoglie solo in parte la richiesta di equiparazione salariale e normativa degli operai di Melfi agli altri operai Fiat, ma che sancisce dei progressi significativi. Certo, per la forza che gli operai hanno messo in campo, si sarebbe potuto ottenere molto di più, ma per farlo gli operai avrebbero dovuto definitivamente risolvere il problema di chi deve rappresentarli. Non che la lotta di Melfi non abbia affrontato, anche se in forma non risolutiva, questa questione. Dapprima sono stati spazzati via i delegati e le formazioni sindacali apertamente schierate con Agnelli; non tutta l'RSU, bensì solo quei delegati schieratisi con gli operai erano ammessi a rappresentarli. Poi, si è sottoposto ad una pressione costante i vertici della Fiom ed anche quando questi sono riusciti ad imporre in assemblea la sospensione dei blocchi si è nei fatti e compattamente rifiutata la strada della smobilitazione, contrapponendo alla proposta Fiom di assemblee permanenti all'interno dello stabilimento, quella vincente dei presidi all'esterno e dello sciopero ad oltranza. La stessa minaccia costante di tornare ai blocchi, radicalizzando le forme di lotta, ha condizionato nella trattativa i vertici Fiom. Più in generale, la massiccia adesione della stragrande maggioranza degli operai allo sciopero ad oltranza ha inibito ogni pur minimo accenno di svendita della lotta.
L'accordo prevede:
L'eliminazione a partire dal luglio 2004 della doppia battuta con un meccanismo di turnazione di 6 giorni una settimana e 4 giorni la settimana successiva, senza mai ripetere lo stesso turno.
Il passaggio dall'orario giornaliero di 7 ore e 15 minuti a quello di 7 ore e 30 minuti, fermo restando la mezz'ora di mensa a fine turno, recuperando così i circa 7 PAR che venivano finora distribuiti sui turni.
La parificazione delle maggiorazioni per lavoro notturno con gli altri operai Fiat che passerà dagli attuali 45% al 60,5% nel luglio 2006,con i seguenti scaglioni: a luglio 2004 il 52,5%, a luglio 2005 il 56,5% a luglio 2006 il 60,5%. Anche le maggiorazioni per il lavoro notturno dalle 18.00 alle 22.00 passano dall'attuale 25% al 27,5% vigente negli altri stabilimenti Fiat, secondo i seguenti scaglioni: a luglio 2004 il 26,5%; a luglio 2005 il 27,5%.
Un incremento del Premio Variabile di Competitività, dovuto all'esclusione dal calcolo del tasso di assenteismo di alcune tipologie di assenze (congedi parentali, permessi RSU, ecc.) e il versamento di una trance fissa di questo premio (240 euro) ogni mese di luglio.

Alle 11.00, di fronte al presidio della Barilla si svolge un'assemblea con i sindacalisti di ritorno da Roma. Sono quasi tutti della Fiom. E' anche presente un nutrito gruppo di operai e delegati aderenti alla Failms. La discussione sull'accordo è accanita. Le critiche della Failms sono aspre, ma, in generale, l'orientamento degli altri operai è di accettare, anche se in maniera critica, l'accordo. L'indicazione della Fiom è di riprendere la produzione col turno delle 22.00. La Failms non è d'accordo e chiede che prima di rientrare in fabbrica si svolgano le assemblee. E' l'estremo tentativo di tenere in piedi ancora la mobilitazione, per non precludersi la possibilità di riprendere da subito la lotta. Viene proclamato dalla Failms uno sciopero del turno di notte, cui aderirà in seguito anche Alternativa Sindacale.
Alle 22.00 lo sciopero ha scarse adesioni.


Lunedì 10 maggio. Su tutti e tre i turni si svolgono le assemblee. I sindacalisti di Fim, Uilm e Fismic vengono zittiti e cacciati. La Fiom riceve il consenso degli operai sull'accordo, anche se non mancano critiche al suo contenuto non soddisfacente. Gli operai sono consapevoli di aver comunque vinto, di aver piegato la Fiat. Per molti di loro, dopo dieci anni di sofferenze, è una vera e propria vendetta. Alternativa Sindacale continua a tentare di boicottare l'accordo e dà indicazione di votare NO al prossimo referendum che si svolgerà tra giovedì e sabato. Ad Alternativa sindacale si uniscono la Failms e lo Slai Cobas.

 


 
Torna alla pagina Fiat